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I nuovi venuti che lei definisce un ‘romanzetto’ è in realtà una rappresentazione in chiave ironica di quanto accade in Italia e in Europa e di quello che potrebbe accadere se continuiamo a perseverare nella ‘politica dello struzzo’. Da dove parte l’idea del libro?

L’idea del libro parte da quando, due anni fa, si scoprì che i consiglieri regionali del Lazio rubavano ma lo facevano con un metodo subdolo: si erano fatti le Leggi in maniera tale da poter saccheggiare lo Stato, le casse pubbliche senza problemi. E se ne andavano in giro con un’aria… con la quale ci spiegavano come va il mondo… e quindi non solo erano ladri ma erano ladri ai quali pareva non avessimo niente da rimproverare.

Allora un pomeriggio ero così indignato da questo tipo di comportamento svergognato, spudorato che ho scritto l’attacco di questo libro. Mi pareva che qualunque cambiamento fosse impossibile con una classe dirigente di livello così infimo.

Dopodiché, dopo aver scritto questo attacco di getto, dove appunto venivano ammazzati Fini, Schifani, D’Alema… all’epoca era il governo Monti, ho lavorato due anni per sviluppare questa idea iniziale molto incoraggiato dalle persone che mi stanno vicine, a cui pareva che questo incipit fosse molto efficace e che quindi bisognava sapere come andasse poi a finire.

È evidente che poi è diventato ‘libro’ nel corso dello sviluppo, dell’elaborazione. Usciti da questo attacco di puro sentimento, il tema centrale del libro è diventato il debito pubblico, di cui nessuno parla.

Finalmente proprio oggi Lucrezia Reichlin ha fatto un intervento sul debito pubblico dicendo che non è sostenibile.

E quindi il concetto è che  noi viviamo indebitati e facciamo finta di non saperlo e forse in certi casi non lo sappiamo nemmeno e siamo convinti che si possa continuare così senza problemi. Ogni anno tirando fuori 500 miliardi per comprare nuovo debito, saldando il vecchio debito col nuovo debito. In questo allegro Paese dei balocchi è chiaro che a un certo punto succederà qualche cosa, non saranno ‘i nuovi venuti’ sarà un’altra strada ma insomma… qualcosa succede.

Dopodiché io definisco il libro un ‘incubo grottesco’. C’è un elemento di comicità che lo attraversa perché è ridicolo, è ridicolo il nostro modo di comportarci ma è ridicolo anche il ‘balletto’ con il quale il pianeta ci sopporta, perché a questo punto siamo pericolosi per tutti. Saltiamo noi, salta tutto.

Nel testo si racconta che non appena è avvenuto il ‘colpo di Stato italiano’ in tanti si sono presentati sotto le mentite spoglie di amici-consulenti a riscuotere o a sfruttare la situazione. Avvoltoi della politica e dell’economia… nulla di più simile a quanto vediamo quotidianamente. Per farli smettere non basta neanche una ‘rivoluzione’?

L’unica rivoluzione possibile in Italia riguarda il gioco del calcio. Gli italiani sono adagiati nel loro benessere, vivono nel loro benessere, non sono in grado di fare nessuna rivoluzione. Le manifestazioni che vediamo in giro sono degli spettacoli organizzati da impresari molto esperti.

L’unico punto dove il Paese si incavola sul serio è quando gli levano il Campionato di calcio.

Infatti viene organizzata a un certo punto un Brescia-Atalanta clandestino che finisce con un massacro generale perché il mondo del calcio è dominato da procuratori e tifosi teppisti e quindi, giustamente, finisce malamente e il tutto viene placato da un bombardamento.

Azzerare tutto e ricominciare daccapo o rallentare per cambiare come suggeriscono i fautori della nuova economia?

Penso che sarà difficile uscirne se non si azzera tutto ma mi rendo conto che farlo è quasi impossibile.

Credo che avremo bisogno di tempo per fare una specie di rivoluzione culturale in Italia. Rivoluzione delle coscienze, rivoluzione della nostra morale, presa di coscienza del nostro modo di vivere, di spendere, di sprecare… di come siamo inconsapevoli. Per far questo però ci vuole molto tempo.

Una cosa che potrebbe veramente accadere è che un giorno i mercati non ci prestano più soldi. I mercati non l’Europa. Perché preferiscono smettere di rischiare sull’Italia e in questo caso crolla tutto, in due ore. Non si pagano le pensioni, non si pagano gli stipendi agli statali, non si paga nulla.

Oppure viene la Troika e ci fa fare quello che hanno fatto alla Grecia, che è una specie di ‘nuovi venuti’.

Debito pubblico, Pil e Decrescita felice sono molto più interconnessi di quanto si voglia ammettere. «Non tutto ciò che è crescita è positivo» afferma Maurizio Pallante. Il Pil cresce anche per l’aumento del consumo di benzina e di medicinali. Andrebbero un po’ rivisti i parametri. Qual è la sua opinione in merito?

 A rivedere i parametri del Pil serve solo agli statistici.

Riguardo alla Decrescita come l’ha descritta Latouche io nutro dei dubbi.

Non si può fare la Decrescita in un Paese abituato a non rinunciare mai alla settimana bianca, alla vacanza alle Maldive, alla seconda casa al mare, a più automobili, una per lui e una per lei… in un Paese così la ‘decrescita’ cioè la rinuncia a una serie di beni materiali superflui si ottiene solo con la violenza.

E quindi la Decrescita felice di Latouche mi fa immaginare una società molto da ‘nuovi venuti’.

Che il Pil possa aumentare sempre è chiaramente assurdo. Come fa ad aumentare sempre? È impossibile. Come il debito non può aumentare sempre anche il Pil non può aumentare sempre.

Sotto la furia dei ‘kosovari’ lei fa cadere indistintamente governo, opposizioni, sindacati, magistrati… non si salva nessuno in Italia?

No. Non si salva nessuno.

Al di là del taglio umoristico che ha scelto di dare al libro I nuovi venuti è senza dubbio un testo di narrativa civile. È questo forse un valore, quello del ‘senso civico’, che si va sempre più smarrendo sostituito da un individualismo arido ed estremo. Perché secondo lei accade ciò?

La Letteratura contemporanea, particolarmente quella italiana, non è che la frequenti tanto però ogni tanto sfoglio, sguardo, leggo… sono tutti romanzetti in cui lui ama lei, lei ama un altro, la suocera, le sfumature di grigio, come si scopa… tutta roba così.

Non esiste più la Letteratura civile. I grandi scrittori italiani come Sebastiano Vassalli fanno Letteratura civile… per esempio questa storia dei Celti che lui ha scritto (Terre selvagge, Rizzoli 2014 ndr) in fondo è un libro civile, un libro di impegno civile ma per far questo bisogna studiare, bisogna sapere. Tutti pensano invece che basti dare parole alle proprie lacrime e così si è fatta la Letteratura… in realtà è molto più complicato.

Gli italiani oggi sarebbero disposti a immolarsi in nome della Patria?

 No.

Nel novero dei ‘poteri forti’ lei, a ragion veduta, inserisce anche le multinazionali. Bisogna prendere atto e consapevolezza che il cambiamento deve partire anche da lì. L’alternativa c’è e si chiama ‘mercato locale’. È possibile recuperare gli antichi e sani principi di una volta anche in campo alimentare?

 Si è possibile…

Oggi ogni cosa deve avere la sua convenienza, è diventato difficile fare un discorso che non sia collegato all’interesse. La stessa Democrazia è diventata la rappresentanza degli interessi.

Quindi anche il mangiar meglio finisce col coincidere con gli interessi. E si fanno le mode.

Per dieci anni consecutivi ti ‘vendo’ l’aceto balsamico poi  a un certo punto smetto di venderti l’aceto balsamico e dico che ci vuole l’aceto normale.

La grande industria funziona così: fa un prodotto ma poi fa anche in modo che quel prodotto a un certo punto finisca perché bisogna che se ne consumi un altro. Questa è la logica della società capitalistica che però ha anche tanti vantaggi: noi stiamo bene… vede io sto a Milano col cellulare, parlo con lei… stiamo tutti bene, no?

Il problema è che facciamo questo con i debiti. Cioè scaricando sui nostri figli, nipoti e pronipoti l’onere di tutto il grasso che ci pappiamo. Questo è il problema.

Dice un proverbio Masai che ho imparato di recente «la terra non è l’eredità dei nostri padri ma è un prestito dei nostri figli».

Questo vuol dire che non siamo autorizzati a ipotecare la terra per una generazione più lunga della nostra. Noi ci indebitiamo a venti anni e a sessanta abbiamo saldato il debito. Ma se noi ci indebitiamo a venti anni e il debito sarà pagato dai figli dei figli… non va bene.

A un certo punto qualcuno non pagherà.

Tutti a casa e si ricomincia daccapo. Però c’è gente che con questo debito ci rimette tanto, ma proprio tanto.

Perché lo Stato ‘Italia’ è diventato un’azienda?

No, non è un’azienda. Lo Stato Italia è una ‘Camera degli interessi’, dove si raccoglie tanto denaro attraverso il sistema fiscale e poi lo si redistribuisce secondo il principio degli amici e degli amici degli amici e delle convenienze politiche. Non ha niente a che fare con l’azienda e col profitto. Infatti siamo indebitati.

I ‘golpisti’ del libro tra i politici italiani non salvano nessuno, lei chi salverebbe?

 Nessuno.

I ‘nuovi venuti’ nel panorama politico italiano non sono però come i nuovi venuti  del libro, alla fine non è stato ‘rottamato’ nulla e nessuno del vecchio sistema…

Esatto, è così. Ma quelli di oggi è tutta roba appena arrivata, non lo sappiamo… probabilmente non si salva assolutamente ma non lo sappiamo… è presto per dirlo.

Nella storia politica italiana ci sono più luci o più ombre?

Formica diceva «la politica è sangue è merda» e la storia è ‘sangue è merda’ non è che ci sono luci e ombre.

 

© 2014 – 2017, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).

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