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Perché la sinistra ha fallito? Ecco i motivi

Per Maurizio Pallante siamo in una fase di chiusura di un’epoca storica, cominciata 250 anni fa con la Rivoluzione industriale. La crisi attuale è la somma della crisi ecologica, di quella climatica, morale, occupazionale… Quando un’epoca storica si chiude cominciano a vacillare la cultura, il sistema dei valori, i modelli di interpretazione della realtà che la società ha sviluppato e sui quali ha conquistato il consenso delle popolazioni. In questo momento nasce l’esigenza di iniziare a costruire un paradigma culturale diverso.

Destra e sinistra addio (Lindau, 2016) ha nel titolo la definizione della crisi, ma c’è nel sottotitolo la parte del construens, “per una nuova declinazione dell’uguaglianza”. La sconfitta storica della sinistra non è la sconfitta dell’idea di uguaglianza ma il fallimento dell’interpretazione che la sinistra ne ha dato. Per recuperare questa idea occorre declinarla in maniera diversa, estendendola a tutti i viventi, perché tutte le forme di vita sono in relazione tra di loro. L’uguaglianza inoltre non può essere limitata a un reddito monetario ma deve coinvolgere nel loro complesso gli stili di vita delle persone.

«Anche le persone meno interessate alla politica si sono rese conto che nei Paesi democratici le differenze tra i partiti più rappresentativi della destra e della sinistra si sono progressivamente attenuate fino a scomparire quasi del tutto.»

Destra e sinistra addio è il nuovo saggio di Maurizio Pallante, ne abbiamo parlato con l’autore in un’intervista.

Fin dalle prime pagine del libro, lei afferma con chiarezza che la destra è rimasta ferma sulle sue posizioni e la sinistra le si avvicina sempre più. Quali sono, a suo avviso, le ragioni di questo slittamento della sinistra?

La sconfitta storica che ha subito, testimoniata dall’abbattimento del muro di Berlino nel 1989 e dovuta al fatto che la sinistra si poneva gli stessi obiettivi di fondo della destra, ovvero la crescita economica, con delle finalità diverse. Per la sinistra lo scopo era una più equa redistribuzione della ricchezza tra le classi sociali. Ma la Storia ha dimostrato che l’economia di mercato, sostenuta dalla destra, era in grado di far crescere l’economia più delle scelte della sinistra. Per cui la sinistra si è trovata a sostenere lo stesso tipo di obiettivo con degli strumenti meno efficaci per raggiungerlo.

Questo ormai rende molto esigua la differenza tra partiti politici di destra e di sinistra. Perché allora sembra tanto difficile da accettare? E per quali ragioni si continua a fomentare nell’opinione pubblica l’idea di una differenza tra destra e sinistra al punto che l’appartenenza politica viene intesa e vissuta come tifo da stadio?

Perché ormai la politica è gestione di posti di lavoro, di appalti, di attività economiche… e ci sono dei gruppi di potere che cercano di conquistare il consenso della popolazione per poter gestire le somme legate ai posti di lavoro, agli appalti, alle attività economiche, ai privilegi che hanno i politici… Ormai la distinzione tra destra e sinistra è più formale che sostanziale e la politica ha perso completamente la carica etica e di ricerca del bene comune ed è diventata uno strumento per intervenire nelle attività economiche e produttive gestite dalla collettività, dallo Stato e dagli Enti locali.

A proposito di opinione pubblica, lei nota come le scelte di politica interna ed estera di destra, se gestite dalla sinistra, registrano meno opposizione sociale. È solo una diffidenza quasi atavica verso la destra, oppure ci sono altre ragioni?

Nell’immaginario collettivo è ancora radicata l’idea che la sinistra sia quella parte politica che fa gli interessi di una più equa redistribuzione delle risorse. Se una politica di destra viene gestita dalla destra, che ha sempre amministrato le risorse in maniera meno equa, le classi popolari possono essere spinte dalla sinistra a protestare. Ma se è la sinistra che fa la stessa politica economica della destra, manca la spinta alla protesta. Lo prova ad esempio il fatto che le Riforme costituzionali, proposte dal governo attuale, non suscitano la stessa reazione negativa avuta a suo tempo dalle medesime Riforme proposte dal precedente governo di centro-destra.

Cosa rappresentano Siryza, Podemos e Movimento Cinque Stelle nell’attuale scenario politico europeo?

Io farei una distinzione tra Siryza e Podemos, espressione politica di una sinistra non convenzionale, non legata alla storia del Novecento, e Movimento Cinque Stelle, che fin dall’inizio ha dichiarato di non essere né di destra né di sinistra.

Siryza, presentatosi come una reincarnazione diversa della sinistra, oggi sta facendo delle politiche di destra per cui sta suscitando l’opposizione popolare.

Podemos non sappiamo ancora cosa farà, per ora ha avuto buoni risultati elettorali, si vedrà se sarà in grado di gestire una politica di sinistra andando al governo ma, se ciò non accadesse, l’alleanza con i socialisti gli imporrà di portare avanti una politica di centro-destra e allora a quel punto in Spagna andranno di nuovo alle elezioni.

I Cinque Stelle invece stanno, in questo momento, rendendosi conto di tutto il malcontento che la popolazione ha accumulato nei confronti della casta politica, stanno cavalcando la carta morale, della politica gestita nell’interesse della collettività. Il consenso da loro ottenuto sembra derivare più che dalle proposte che fanno, dall’insoddisfazione della popolazione riguardo la gestione del potere da parte dei partiti tradizionali.

Perché la sinistra ha fallito? Ecco i motivi

Secondo lei, per superare la crisi e lo stallo in cui versano i Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo, bisogna riscoprire una finalità più ragionevole da assegnare alle attività produttive. Cosa intende?

Oggi il fine dell’attività economica e produttiva è la crescita della produzione di merci, e gli esseri umani sono il mezzo per raggiungere questo fine. Bisogna invertire questo rapporto. Il fine deve tornare a essere il benessere degli esseri umani e le attività produttive il mezzo per raggiungere questo scopo. Questo è il cambiamento che va fatto per superare la crisi.

Il Capitalismo si è servito anche della spiritualità trasformando i fedeli in consumatori?

Sì. E questo è stato uno degli elementi di fondo. La sinistra è stata sconfitta anche perché la sua posizione nei confronti della Chiesa e della religione le ha alienato il favore e la simpatia delle masse. Mentre il Capitalismo ha usato, strumentalmente, la religiosità della popolazione per cambiare il sistema dei valori in senso materialistico. Da questo punto di vista ha avuto anche un appoggio, in Italia, da parte della Chiesa cattolica. Questa, da una parte, continuava a predicare che bisognava non essere succubi del materialismo e del consumismo, dall’altra sostenendo, attraverso il partito della Democrazia Cristiana, la crescita economica, dicendo che era un bene, si è posta in una posizione di grande contraddizione.

Mantenendo l’attuale sistema economico, anche se dovesse registrarsi una reale ripresa i problemi ambientali persisterebbero. E ciò come può essere visto come un bene?

I problemi ambientali si aggraverebbero. Questi sono causati dal fatto che la crescita economica prevede un consumo crescente di risorse ed è arrivata a esaurire molte delle risorse non rinnovabili, a consumare le risorse rinnovabili di un intero anno entro la metà di agosto. Per cui la crescita economica mette in discussione la capacità dell’ecosistema terrestre di fornirgli le risorse di cui ha bisogno. Vengono inoltre immesse nell’ambiente di sostanze non metabolizzabili dai cicli biologici o perché sono troppe, come l’anidride carbonica e quelle derivanti dall’effetto serra, o perché sono sostanze di sintesi chimica o non biodegradabili, come la plastica. In tutti gli oceani ormai galleggiano masse di rifiuti di plastica grandi come dei continenti. L’aumento della produzione, ammesso che possa avvenire, comporterebbe un aumento delle emissioni e del consumo delle risorse. E questo sicuramente non è un bene.

http://www.sulromanzo.it/blog/perche-la-sinistra-ha-fallito-ecco-i-motivi

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