Maurizio-Patriciello

Napoli. Non si arrende il parroco di Caivano e continua a raccontare lo strazio, le difficoltà e anche le ipocrisie della sua terra. «Niente è cambiato in Campania, nonostante gli spot che vogliono farci credere il contrario».

Presumibilmente egli si riferisce al messaggio pubblicitario girato a cura della Regione Campania nel quale si osservano un bambino con il nonno passeggiare per le campagne dell’hinterland partenopeo e immaginare un prossimo futuro dove queste ritorneranno a essere rigogliose, coltivate e ‘sane’. Il bambino promette al nonno che sarà lui stesso a salvare la terra. Ma per don Patriciello il ‘negazionismo’ non aiuta e a coloro i quali lo accusano di arrecare un ulteriore danno con le sue continue proteste risponde che «la mia terra è la mia mamma e se mia madre è malata non la guarisco di certo dicendo che sta bene».

Dice anche di aver rivolto un appello a Giorgio Napolitano invitandolo a recarsi in quella terra, tra la gente, di andare lì e «dichiarare i bambini morti ‘vittime innocenti dell’ecomafia’». Ma Giorgio Napolitano non ha risposto, lo stesso Giorgio Napolitano che nel 1997 era, con il Governo Prodi, Ministro dell’Interno con delega per il coordinamento della Protezione Civile. Lo stesso Giorgio Napolitano che attualmente è al suo secondo mandato come Presidente della Repubblica italiana, il medesimo che in quei luoghi vi è nato.

Il 1997 è una data importantissima per la Terra dei fuochi, in quanto è proprio allora che viene deciso di secretare le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Carmine Schiavone e tali sono rimaste per quasi venti anni, lo stesso arco temporale che il pentito considerava restasse da vivere alla sua gente. «Qui tra venti anni sono tutti morti», si legge nelle sue dichiarazioni.

 «CARMINE SCHIAVONE. La vicenda è iniziata nel 1988; all’epoca mi trovavo a Otranto e vennero da me l’avvocato Pino Borsa e Pasquale Pirolo, i quali mi fecero una proposta relativa allo scarico di fusti tossici e quant’altro. Poiché mi ero interessato dei rilevanti della superstrada in costruzione nonché del gruppo Italstrade e di altre società come la Ferlaino e la CABIB, che all’epoca stavano operando ai Regi Lagni, dissi che vi erano circa 240 ettari di terreno scavati alla profondità di 15-20 metri e assicurai che avrei parlato con tutti, anche perché facevo parte del reparto amministrativo del clan, non di quello militare. Andai allora a Casal di Principe, dove c’erano Mario Iovine e mio cugino; parlammo tutti e tre del fatto che avevo ricevuto una proposta relativa allo scarico di fusti e casse che venivano da fuori. Mi si rispose che sarebbe stato un buon business per far entrare nelle casse del clan soldi da investire, ma il paese sarebbe stato avvelenato, perché i rifiuti avrebbero inquinato le falde acquifere: infatti, molti degli scavi già realizzati erano limitrofi alle stesse falde acquifere».

Dice anche, Carmine Schiavone, di aver prodotto le copie di  documenti già in mano alla DNA e alla DDA «riguardanti tra l’altro le amministrazioni provinciali di Massa Carrara e di Santa Croce sull’Arno e la Regione Campania; nella stessa documentazione figura l’elenco delle società e dei camion che trasportavano i rifiuti».

La trascrizione dell’audizione di martedì 7 ottobre 1997 di Carmine Schiavone davanti alla Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul Ciclo dei Rifiuti e sulle Attività illecite a esso connesse, visionabile per intero online e scaricabile in formato pdf, si compone di 63 pagine nelle quali si legge la dettagliata descrizione del collaboratore dei meccanismi e delle operazioni volte al’interramento di fusti e rifiuti nocivi, con tanto di nomi, luoghi e riferimenti temporali.

Non si tira mai indietro Carmine Schiavone, neanche durante i sopralluoghi fatti e di cui racconta nel suo resoconto, non appare mai incerto o dubbioso. Racconta il tutto minuziosamente e dalla recente inchiesta sulla Terra dei fuochi emerge chiaramente che quanto da lui detto corrispondeva a verità. Allora rimane forte il desiderio di conoscere le risposte ai tanti perché si palesano inesorabili: perché non si è fatto nulla per quasi venti anni? Perché non si è fatto nulla per salvare una grande fetta di suolo italiano da uno scempio indicibile? Perché non si è fatto nulla per preservare tanti cittadini innocenti dall’esposizione continua e prolungata a sostanze tossiche e nocive? Perché non si è fatto nulla per preservare le falde acquifere del territorio? Perché non è stata vietata la coltivazione di quei terreni? Perché è stato deciso di secretare le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Carmine Schiavone?

Legambiente nel dossier Terra dei fuochi parla di ‘ecocidio’ e sostiene che basti dare uno sguardo ai numeri per rendersi conto della portata di ciò che è diventato «simbolo e paradigma dei traffici illeciti di rifiuti e dell’estrema pericolosità dell’ecomafia, che attenta all’ambiente e alla salute dei cittadini». A preoccupare non è solo quanto accaduto ma l’eredità per il futuro, la grande quantità di terreno dichiarato ormai ‘morto’ dai geologi.

Secondo la relazione dell’ARPAC, l’Agenzia per l’Ambiente della Regione Campania sono oltre 2000 i siti inquinati censiti tra le province di Napoli e Caserta. Prevedibile conseguenza di tutto ciò l’esito del lavoro di indagine svolto dall’Iss (Istituto Superiore di Sanità) «i continui smaltimenti illegali di rifiuti, con dispersione di sostanze inquinanti nel suolo e nell’aria, e l’inquinamento, già riscontrato, delle falde acquifere – utilizzate anche per l’irrigazione di terreni coltivati – sono in stretta correlazione con l’incremento significativo di diverse patologie tumorali. È proprio negli 8 comuni con il maggior numero di discariche di rifiuti censiti nell’ambito dello studio Sentieriche si registrano infatti i picchi maggiori: Acerra, Aversa, Bacoli, Caivano, Castelvolturno, Giugliano in Campania, Marcianise e Villaricca».

Ed è proprio da uno di questi paesi, Caivano, che don Maurizio Patriciello cerca di mantenere costante il livello di attenzione sulla situazione e sui rischi, ancora alti, per i cittadini. «La terra avvelenata avvelena i suoi figli, o attraverso la diossina che si respira nell’aria o con l’acqua inquinata delle falde. Papa Francesco lo ha detto con grande chiarezza: “Dio perdona sempre, l’uomo qualche volta, la natura non perdona mai”».

Il resoconto che il parroco fa della situazione nel suo paese è un quadro desolante di un territorio attaccato da ogni fronte: da uno Stato pressoché assente, da una vorace malavita e da una stampa sempre pronta a incolpare i luoghi e le persone. Come se Napoli non fosse l’Italia, come se le ditte del Nord che sversavano illegalmente nella ‘terra dei fuochi’ non fossero Italia, come se i siti inquinati da rifiuti rinvenuti in altre Regioni fossero comunque un’altra Italia.

«Quando penso alla paura mi vengono in mente le parole di Raffaele Cantone: “tra un camorrista e un colletto bianco è più facile difendersi dal primo”. […] L’anno scorso, come misura straordinaria, ci hanno inviato i militari, ma noi non li volevamo. La nostra richiesta fu quella di potenziare in maniera perenne le forze dell’ordine presenti sul territorio. Niente da fare e così l’italiano medio si sveglia il mattino e viene a sapere che in Campania è stato mandato l’esercito per affrontare e risolvere magicamente l’emergenza. Sarebbero dovuti arrivare 1000 militari per 2 anni… ecco l’italiano medio forse non sa che quei 1000 si sono ridotti a 100, per soli 12 mesi, per di più divisi tra Napoli e Caserta. 16 o 17 ragazzi a turno cosa possono fare in un territorio così esteso e così problematico?»

In 22 anni sono stati sversati nella Terra dei Fuochi circa 10 milioni di tonnellate di rifiuti tossici e nocivi, oltre 410 mila camion che hanno viaggiato verso le province di Napoli e Caserta. Dal 1991 al 2013 sono state censite ben 82 inchieste per traffico di rifiuti che hanno incanalato veleni provenienti da ogni angolo del Paese per essere interrati direttamente nelle discariche legali e illegali del terreno che si estende tra Napoli Nord e Caserta Sud, ma non solo. Inchieste che si sono concluse con 915 ordinanze di custodia cautelare, 1086 denunce e 443 aziende coinvolte, la maggior parte delle quali con sede sociale nel Centro e nel Nord Italia.

Nel dossier di Legambiente si leggono le varie tipologie di rifiuto:

  • Scorie metallurgiche.

  • Polveri di abbattimento fumi.

  • Morchia di verniciatura.

  • Reflui liquidi contenenti metalli pesanti.

  • Terre inquinate provenienti da attività di bonifica.

  • Rifiuti di stabilimenti petrolchimici.

  • Fanghi conciari.

Nel comunicato stampa per introdurre la Manifestazione #fiumeinpiena tenutasi a Napoli nel novembre 2013, Legambiente scrive: «82 inchieste che in questi 22 anni raccontano, in definitiva, di un sistema criminale mafioso-imprenditoriale che s’è potuto muovere agevolmente grazie alla protezione e complicità di una rete di colletti bianchi, uomini politici, funzionari pubblici, massoni e faccendieri di ogni risma. Un sistema ecomafioso».

Don Patriciello dichiara di portare avanti la sua ‘lotta’ tutti i giorni e di farlo a partire dai ragazzi, nelle scuole. È fondamentale non rimanere con le mani in mano ad aspettare che si avveri L’Apocalisse prospettata da Giovanni Balestri, il quale dice di aspettarsi il peggio per il 2064 quando il percolato avrà raggiunto la falda acquifera profonda tra Napoli e Caserta. Ecco allora spiegato il perché il parroco di Caivano si dichiara contrario al ‘negazionismo’. Non è di alcuna utilità l’inezia nella speranza, certamente vana, che la situazione migliori o meglio ancora si risolva come per magia e la Terra dei Fuochi torni a essere o diventi un’isola biologica. Bisogna agire, bonificare, attivarsi per risolvere la situazione ed evitare che questa peggiori, lì come in qualsiasi altro sito inquinato d’Italia.

https://luciogiordano.wordpress.com/2015/01/08/terra-dei-fuochi-don-patriciello-non-si-arrende-e-dice-qui-nulla-e-cambiato/

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© 2015, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).

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