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Leggere uno scritto è sempre come entrare, ogni volta, nell’anima dell’autore, condividerne esperienze e sentimenti, passioni ed emozioni. Ciò è ancor più vero quando si legge una poesia, intima e profonda, come quella di Antonietta Gnerre. Un verso delicato il suo che sembra accarezzare il mondo, abbracciarlo senza riuscire a stringerlo. Cercarlo, trovarlo e lasciarlo andare perché esso, il mondo, non può essere posseduto ma solo ammirato. Come la natura. Come l’anima. 

Attraverso i suoi versi, Gnerre racconta se stessa e la sua terra: l’Irpinia, con le sue colline, i boschi, i torrenti e i crinali. 

I temi dell’opera di Gnerre sono quelli cari alla poesia del Novecento. Con lo sguardo sempre rivolto alla poesia religiosa.

Il rapporto tra poesia e religione cristiana è un sottoinsieme del rapporto tra poesia e poesia religiosa in genere, dove si configura il sentimento del divino intrinseco in ogni uomo con l’espressione poetica. Giambattista Vico sottolinea questo legame tra poesia e religione quando parla di “poeti teologi”. Tutto ciò che è un fatto di anima o si svolge nell’ambito della coscienza, se manda fremiti o armonie, è pura poesia e poesia religiosa, perché l’anima, immagine di Dio, rende sacro il canto1.

«Il linguaggio metaforico, parabolico, visionario, profetico dei libri sacri vive di una mutua esaltazione tra spirito religioso e spirito poetico, al punto che sarebbe difficile operare a posteriori una separazione che non ci fu nella scrittura». In questo modo Luzi in Poesia e romanzo descriveva la considerazione della poesia come linguaggio organico originariamente manifestazione del pensiero religioso.

Antonietta Gnerre sembra rifarsi molto a queste correnti di pensiero nella scrittura delle sue poesie, riconducendo sempre il suo pensiero alla volontà e all’opera di Dio. 

Lo sguardo dell’autrice è rivolto all’osservazione della natura e degli elementi naturali del suo territorio, di cui dimostra di conoscere anche gli angoli più nascosti che diventano intimi, come i suoi versi, allorquando, partendo dall’osservazione di ciò che la circonda, ella giunge a ispezionare se stessa. Ed è proprio questo viaggio introspettivo che sembra condurla verso la riflessione mistica, coscienziale. La sua poesia sembra diventare, allora, una preghiera. 

«Sradicato dai vivi, cuore provvisorio, sono limite vano». Scriveva Quasimodo in Al tuo lume naufrago. In questi versi Carlo Bo vedeva compendiato il senso stesso della ricerca umana e religiosa del poeta2, e viene messa in luce proprio la condizione di ontologica precarietà in cui versa l’uomo invischiato nella sua mortale finitudine3.

Anche Gnerre sembra perseguire una simile ricerca, ma dai suoi versi traspare una maggiore speranza, con ogni probabilità legata ai dettami della religione e ai suoi insegnamenti su aldilà e riscatto dell’anima.

«Da qui pronuncio che c’è fiducia per il mondo, per la piuma che trema sull’intonaco delle nostre mani.»

L’uso accorto dell’espressione “per la piuma che trema sull’intonaco delle nostre mani” rimanda a un’immagine molto chiara dell’essere umano e della fragilità della sua esistenza. Un essere, l’umano, che deve fare ammenda per la violenza, la guerra. Per l’esser sordo al mondo e alla natura. 

«Noi siamo tronchi secchi che fingono di non conoscere più il mondo. Stiamo imparando di nuovo, come i bambini, il nome dell’arbusto del viale. Che nel tramonto si pettina di luce.»

Riconciliarsi con la natura è un modo per riconciliarsi con la propria esistenza e con il mondo? Questo sembra essere l’interrogativo base del libro di Gnerre. E come si fa ad appropriarsi del concetto giusto di “vivere secondo natura”? 

Ogni poeta guarda il mondo e la natura attraverso i suoi occhi e trascrive le sensazioni e le emozioni, le riflessioni e le analisi che sono sempre e comunque personali, uniche e, per certi versi, irripetibili. Eppure per Rondoni l’unico modo per comprendere cos’è la natura è affidarsi ai poeti4.

La poesia di Antonietta Gnerre non sembra avere in sé questa ambizione, se non riferita alla persona della stessa autrice, la quale dimostra di avere una visione più intima e intimistica della poesia, strumento di espressione del personale cammino di studio e conoscenza, di se stessa e del mondo che la circonda, attraverso la natura e tutti i suoi elementi.

Il libro

Antonietta Gnerre, Umano fiorire, Bagno a Ripoli (Firenze), Passigli Poesia, 2025.


1C. Galisi, Rapporto tra poesia e religione cristiana, in SinTesi, 2007.

2C. Bo, Condizione di Quasimodo, in Letteratura come vita, 1938.

3A. Luciano, Dinanzi all’abisso. La ricerca di Dio nella poesia italiana del ‘900, in Diacritica, fasc. 28, 25 agosto 2019.

4D. Rondoni, Cos’è la natura. Chiedetelo ai poeti, Roma, Fazi, 2021.


Articolo pubblicato su Satisfiction.eu


© 2025, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).

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