Oggi è per antonomasia la giornata dedicata al ‘dolcetto o scherzetto’. Anche l’Italia ha abbracciato le usanze statunitensi della festa chiamata Halloween con il suo corredo di mistero e horror. In realtà però nel nostro Paese, in varie tradizioni popolari locali, una ricorrenza simile c’è sempre stata e la notte che precede la Festa di Ognissanti è sempre stata dedicata all’occulto. Qual è la tua opinione in merito al ‘business delle zucche’?
È una festa! Andiamo, prendiamola per quello che è: un’occasione per divertirsi, un’anteprima del carnevale, una scusa per dare ai bambini il permesso di rimpinzarsi di dolci… Non condivido l’icona demoniaca che vogliono appiccicarle addosso. Chi si dedica a questo genere di pratiche esoteriche non ha certo bisogno di aspettare la notte di Halloween per esercitarle.
Sei una scrittrice di horror e thriller soprannaturale, dire che sei attratta dal mistero è quasi banale se non proprio scontato. Ma di sicuro non lo è il conoscere la molla che ti spinge verso l’indagine dell’occulto.
Forse proprio perché è occulto, misterioso, insondabile. Sono geneticamente una che ama sapere: se qualcuno mi chiedesse se voglio sapere quando morirò, io risponderei di sì. Da bambini ci insegnano a credere in Dio che è altrettanto intangibile quanto l’esistenza di un Aldilà; essendo agnostica non escludo alcuna possibilità, né da sopra né da sotto. Diciamo che mi piace fare ipotesi.
Sei nata e vivi in una città che ha fatto della superstizione e dei suoi simboli un cavallo di battaglia e un modello culturale conosciuto in tutto il mondo. Come ti rapporti con questo bagaglio di conoscenze che sicuramente hai acquisito?
È un bagaglio piacevolissimo da portare perché ogni volta ci trovi dentro qualcosa di nuovo. Napoli è uno scrigno pieno di tradizioni esoteriche che affondano le radici in tempi antichi, è un mondo sospeso tra Luce e Ombra, Verità e Mistero, ed è proprio questo che la rende affascinante. La monotonia uccide più della lama.
La Letteratura, il cinema, le serie tv e ora anche le festività legate al mistero, all’horror e anche al soprannaturale rappresentano un genere definibile ‘evergreen’. Spopolano sempre quasi fosse un bisogno catartico delle persone quello di abbracciare la paura. È forse questo il modo in cui si cerca di esorcizzarla?
Ne sono certa. La paura è un sentimento vivo e presente in ogni essere umano quanto l’amore o l’odio, ed è in assoluto il più salvifico. La paura ci salva la vita, la paura ci aiuta a superare altre paure, la paura ci dà quella scarica di adrenalina che ci costringe alla reazione. Quindi è inutile – e ipocrita – rinnegarla. Spesso, leggendo un libro o guardando un film, intercettiamo una paura come la nostra ed ecco che scatta il meccanismo del “mal comune mezzo gaudio”: non si è più soli. E a volte la paura si mette da parte con un’altra paura. Dice Stephen King che noi scrittori creiamo per il lettore un cesto con tante paure: lui non deve fare altro che scegliersene una diversa dalla sua e, per un momento, dimenticarla. Direi che è un bene, no?
Nel tuo ultimo thriller Io vi vedo uscito lo scorso anno con Tre60 hai accostato due pulsioni forti: la rabbia e le forze dell’occulto. È sembrato quasi che volessi indicare un cammino preordinato. La vendetta è un ‘demone’ che non può che trascinarti nel ‘male’. Sono messaggi forti, come forte è l’impatto del lettore che si ritrova rapito nei vicoli della tua Napoli. Parlaci, dal tuo punto di vista, della metropoli partenopea che insieme ai gatti costituiscono un punto fermo nei tuoi scritti.
La vendetta è una belva che richiede il suo tributo di sangue. Magari non sarà etica, ha una matrice soggettiva e non oggettiva, ma non credo che porti necessariamente al male. Piuttosto credo che la vendetta sia scatenata da un’azione maligna su cui se ne innesta un’altra. Detto ciò, Napoli: Napoli fa da sfondo a una storia, ne è la culla ma non ne è la protagonista perché vorrei che ogni lettore ritrovasse in lei la sua città. E non ne ho una visione sensazionalistica e distruttiva come molti ormai si aspettano ma imparziale, con i suoi lati in luce e in ombra, appunto. Ogni città li ha. Napoli è solo un bersaglio più facile, un osso più comodo da spolpare.
Come trascorrerà la serata di Halloween la scrittrice soprannominata ‘Simonoir’?
Indosserò un cappellaccio da strega e aspetterò i bambini che busseranno per il “dolcetto o scherzetto”. E no, non credo che andrò in giro a evocare i demoni o a risvegliare i morti; piuttosto mi ‘stravaccherò’ sul divano e mi darò all’horror selvaggio in tv. L’importante, amici lettori, è non dare mai niente per scontato. Quindi, felice Halloween! Ma non dimenticate mai di scrutare nel buio, dopo aver spento la luce…
© 2014, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).
