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“Il segno dell’aquila”, intervista a Marco Buticchi

È uscito ieri Il segno dell’aquila (Longanesi) di Marco Buticchi. Il testo si schiude con una citazione di Salvador Allende «Noi vivremo in eterno in quella parte di noi che abbiamo donato agli altri», scelta presumibilmente dallo stesso Buticchi per “aprire” il lettore alla sua storia, all’avventura e alla suspense. La narrazione si articola su due livelli temporali: la contemporaneità e il 500 a.C. con i protagonisti che sembrano rincorrersi attraverso il tempo e lo spazio e ricongiungersi proprio attraverso i ‘doni’ lasciati o ricevuti.

Vel, Ramtha, Ati Nacma e i loro “compagni di avventura”, etruschi vissuti nel 520 a.C. che sembrano rivivere non solo nel racconto delle loro vicende ma anche attraverso le ricerche dei restauratori di opere d’arte antica Toni e Sara, che indagano sul loro operato. E la realtà si tinge ogni volta di giallo per i ricordi, che ancora celano il mistero di Laura e della sua “sparizione”, o per i presagi, fasti o nefasti, tanto cari alle culture precristiane, come gli etruschi e i romani.

Su tutti domina incontrastata la forza e la bellezza dell’aquila, simbolo della legione romana che diventa nel libro di Buticchi la sua maggiore antagonista.

«In certe anime c’è un’aquila […] che può egualmente precipitarsi nei burroni più oscuri e tornare a librarsi in alto e scomparire negli spazi solari. E anche ove essa voli per sempre nel burrone, questo burrone è tra i monti, e così, nella sua più bassa discesa, l’aquila montana è sempre più in alto degli uccelli della pianura, anche quando questi salgono» (Herman Melville).

E mentre i lettori attendono di leggere le avventure di Vel e della sua aquila noi abbiamo incontrato Marco Buticchi, il quale ha acconsentito a rispondere a qualche domanda sul suo nuovo romanzo d’avventura (che sarà presentato domani alle ore 18.00 a La Spezia, presso la Festa della Marineria della Spezia – Molo Italia, Nave Scirocco) ma anche su alcuni temi di attualità in esso trattati.

Il segno dell’aquila: un’avventura lunga quasi tremila anni. Un libro nel quale racconta e al contempo indaga gli uomini e le donne della Terra. Dietro un pirata si nasconde un animo buono e nobile, dietro il Moderatore di una Fondazione religiosa un criminale. È lo specchio delle ipocrisie e delle immagini stereotipate della società?

Sarei presuntuoso se fossi convinto di analizzare i mali delle società (quella corrente e quelle più antiche) in un “semplice romanzo d’avventura”. Ancor più presuntuoso se fossi convinto che i miei scritti possano riuscire a porre un freno ai mali di vivere della nostra società. Riporto però, per dovere di chiarezza, quanto scrivo nella nota d’autore in appendice del romanzo: «… ogni iniziativa tesa a instillare anche un solo dubbio sulla correttezza di ciò che accade attorno a noi è benvenuta. Anche quando la riflessione scaturisce da un semplice romanzo d’avventura».

La sede della Confraternita di Denagua si trova a Roma in via della Conciliazione. La mente rimanda subito allo “scandalo dei frati minori”. La realtà supera sempre la fantasia?

Ma non solo ai ‘frati minori’: via della Conciliazione è lunga poco più di 300 metri e, penso che, analizzando gli scandali scoppiati dietro le sante mura in 2000 anni, potremmo trovare uno scandalo a centimetro per la via monumentale che conduce a Piazza san Pietro. La sede della Confraternita è solo frutto delle necessità di monsignor Denagua, che sono spiegate nel romanzo: essere più vicino alle stanze che contano.

Ne Il segno dell’aquila lei esplora anche un campo “minato” come l’Isis che si nutre dei proventi del commercio del petrolio, del traffico di preziosi, dei sequestri di persona a scopo di estorsione, delle donazioni dei fiancheggiatori… insomma mancano il traffico di armi e droga, il contrabbando di sigarette e sembra la descrizione esatta di ciò che facciamo noi occidentali da secoli, non trova?

Non banalizziamo così un problema grave come il sedicente Califfato Islamico. Sono molti secoli che gli occidentali non mozzano istituzionalmente il capo senza processo a chi crede in un Dio diverso. Se il campo è diventato “minato”, forse perché le connivenze con governi e organizzazioni “parallele” hanno concesso ai genieri di depositare le mine. Adesso, però, che quella zona tanto ricca ma interdetta fa paura, difficile sarà sminarlo in tempi brevi.

Il maggiore Oswald Breil viene rapito da un commando per utilizzarlo come controfferta di scambio per liberare il tesoriere dell’Isis. I media di tutto il mondo riportano la notizia della “rocambolesca fuga del re del narcotraffico” salvo poi ritrarlo come un eroe una volta liberato. Possiamo considerarlo come la rappresentazione di un problema serio come quello della disinformazione o della carenza di una corretta informazione?

Anche qui mi torna difficile fare di ogni erba un fascio: nel romanzo (e di romanzo si tratta) le prove sono schiaccianti e le controprove tardano a venire. Ma non vorrei raccontare troppo…

“Il segno dell’aquila”, intervista a Marco Buticchi

«Senza tema di smentita si poteva affermare che quelle cinque persone reggessero da sole una buona parte dei destini del mondo». Si legge a proposito dei consiglieri della Confraternita della Santa Resurrezione. Persone che non solo si arricchiscono ma si “curano” anche con il traffico illegale di organi. Il segno dell’aquila è frutto della sua fantasia di scrittore ma anche di cittadino che osserva il mondo. E nella realtà purtroppo la situazione non sembra essere molto distante da quella da lei descritta. Perché si è giunti a questo punto?

Non si tratta di fantasie da scrittore, ma di triste realtà denunciata dalla massima autorità mondiale in tema di sanità: l’OMS dichiara che, dei 22.000 trapianti di fegato, 66.000 di rene e 6.000 di cuore eseguiti ogni anno nel mondo, almeno il 5 per cento è effettuato clandestinamente per un controvalore dal miliardo ai due miliardi di dollari. E la mia convinzione è che, ad alimentare questo mercato, non siano i comuni cittadini alle prese con le problematiche quotidiane, ma potenti privi di scrupoli capaci di rifarsi il maquillage espiantando un cuore sano dal petto di un innocente.

Nella realtà, al pari di quanto descritto ne Il segno dell’aquila, chi finge di combattere il terrorismo è il medesimo che lo arma e che lucra con le missioni umanitarie per “aiutare” profughi e rifugiati. Qual è a parer suo la molla che spinge i burattinai a far muovere il sistema?

Non c’è bisogno di andare troppo lontano. Pensi alla strategia della tensione che ha insanguinato l’Italia e che ancora è in attesa di conoscere manovali e mandanti di stragi e omicidi. Dietro alla ricerca armata di destabilizzazione, si muovono sempre interessi e ideali. Spesso i primi sono preminenti rispetto ai secondi.

In diversi punti del testo viene citato Hitler, le cui azioni sono assimilate al comportamento dei combattenti dell’Isis. Il protagonista del libro è israeliano ma non sembra sia solo questo il motivo che fa pendere l’ago della bilancia da quella parte. Stando a quanto si legge nel rapporto della commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite sono «credibili le accuse di crimini di guerra commesse sia da Israele che dai gruppi armati palestinesi» a Gaza. Perché secondo lei anche il mite popolo ebreo che ha subito l’olocausto si è piegato ai crimini di guerra perpetrati contro civili, donne e bambini?

Non sono un giudice e non ho elementi tali da giudicare comportamenti tenuti da ebrei o palestinesi in una zona calda e precaria come il Medio Oriente. Il modo di avanzare, la devozione alla causa, l’impeto, le guerre lampo dei miliziani dell’Isis, mi ricordano le avanzate dei nazisti. Così come l’indifferenza del mondo di fronte alle epurazioni etniche e alla giustizia sommaria, mi fanno tornare alla mente quei momenti oscuri che, oggi, abbiamo il dovere di combattere.

«Provate solo a pensare a chi fa comodo che il cattivo sia oggi l’islamico feroce…». A chi fa comodo?

Provate a pensarci… in gioco ci sono: il petrolio, interessi planetari, equilibri nella regione più a rischio… ci siete arrivati? Purtroppo io non posso andare oltre. Provate a leggere quello che ho scritto…

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