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Emilia Bersabea Cirillo ritorna in libreria con un nuovo avvincente romanzo edito da L’Iguana Editrice. Protagoniste di Non smetto di aver freddo sono due donne, la loro vita, i loro trascorsi e tormenti.

Una storia intensa quella narrata dalla Cirillo, ispirata da un vecchio fatto di cronaca e dalle personali esperienze dell’autrice. Una vicenda che corre lungo i binari del tempo trascorso, che ha segnato le vite di Dorina e Angela al pari degli accadimenti che le hanno viste e volute, in vario modo, vittime e carnefici. A fare da sfondo e da base, come sempre nei racconti della Cirillo, la sua terra, l’Irpinia. Un ripetuto omaggio che vuol rappresentare ogni volta una conferma, d’amore e passione.

Ne abbiamo parlato nell’intervista che gentilmente ha concesso.

La sua carriera di scrittrice sembra scorrere su un doppio binario: da un lato i racconti brevi, dall’altro i romanzi. In entrambi i casi lei utilizza una prosa asciutta che sembra limitarsi all’essenziale, eppure nei suoi scritti traspare sempre un grande trasporto emotivo. Come nasce il suo stile di scrittura?

Ho impiegato molti anni a trovare una mia voce, cioè una modalità e un ritmo per raccontare le storie che mi vengono in mente. Devo certamente questo alle letture che ho fatto, ma anche al lungo lavoro di scrittura, che mi vede intervenire sul testo, una volta finito, ripetutamente. Cerco di togliere, anziché aggiungere, di trovare o inventare parole appropriate, che siano efficaci, di scrivere frasi brevi. Sono queste che danno il respiro alla scrittura. Anche se la ricerca di uno stile di scrittura non si conclude mai del tutto.

Questa volta ritorna in libreria con un romanzo. Una storia intensa che vede due donne protagoniste, o meglio il legame tra le loro vite. Come nascono i personaggi di Dorina e Angela?

Da una lettura di un fatto di cronaca, occorso anni fa a Firenze. Una donna aveva ucciso a coltellate la moglie di un uomo a cui lei credeva di appartenere. Una storia di stalking che mi colpì moltissimo. Leggevo dentro dolore e solitudine. E per altre vicende personali, che hanno a che fare con il mio lavoro di architetto. Per un periodo, ho diretto i lavori del carcere di Sant’Angelo dei Lombardi, in provincia di Avellino. Dorina, l’altra protagonista, voleva essere una donna semplice, che vive e lotta per il suo quotidiano, una donna che alle spalle non ha altro che se stessa. E che vuole vivere la sua piccola, difficile vita. Con ostinazione, con speranza.

Ancora una volta la storia da lei narrata ruota intorno al concetto di tempo, in questo caso quello trascorso e che contrappone infanzia e maturità. Cosa vuole trasmettere ai suoi lettori indagando così a fondo il tempo che passa?

Penso che scrivere significhi narrare il tempo. La vita dei protagonisti è tempo trascorso, tempo vissuto, tempo che si attende. Sul tempo Proust ha scritto la sua monumentale Recherche.

Non c’è storia senza tempo.

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Un ulteriore tema nel quale la sua penna affonda senza remore è l’indagine dell’animo umano, femminile, mettendone a nudo gli aspetti più bui e ‘pericolosi’. In Non smetto di aver freddo sono gli accadimenti che determinano lo stato d’animo di Angela e Dorina oppure è la loro mente che in un certo qual modo condiziona gli eventi?

È il caso che ci fa nascere in un modo anziché in un altro, in un luogo o in un altro. Sono le circostanze intorno a noi che condizionano la nostra educazione, la nostra visione del mondo. Senz’altro sono gli accadimenti che determinano gli stati d’animo. Certo l’indole è qualcosa di imponderabile, che ha la sua importanza nella costruzione della individualità, sia di una persona che di un personaggio. E questo in una narrazione è da tenere sempre presente.

In più punti del suo romanzo il lettore ha l’impressione che questa profonda ricerca dentro di sé sia l’unica strada percorribile dalle protagoniste per riuscire a capire e affrontare ciò che sta fuori, il mondo e la vita. È questa la via da seguire secondo lei?

Penso che senza conoscere a fondo se stessi, non si riesca a rispondere alla domanda fondamentale della nostra esistenza: Che voglio fare nella vita? Noi lo sappiamo, in fondo in fondo, cosa vogliamo diventare, e dobbiamo deciderlo e imparare a percorrere la strada, per lo più in salita, che ci porta al nostro obiettivo. Strada che spesso è piena di conflitti, difficoltà, aporie. Solo conoscendo bene se stessi, ci si può non scoraggiare e adeguare alle contraddizioni dell’esistenza, in fine scegliere, una strada o un’altra. Che poi, nei libri, è quello che accade ai personaggi, che devono affrontare i loro conflitti. Il come, il modo con cui i personaggi li affrontano che è importante nella dinamica narrativa. E contribuisce a rendere un protagonista indimenticabile.

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Le storie sono diverse, gli sviluppi delle vicende anche ma c’è una cosa che sembra non voler mai abbandonare. Permane nei suoi libri la volontà di raccontare, accanto alle storie dei protagonisti, la sua terra. Cosa rappresenta per lei e cosa invece vorrebbe fosse percepito dai lettori?

Non credo che si possa raccontare una storia senza raccontare un luogo. Io vivo qui, in Irpinia, ed è questo il posto che conosco meglio di altri e che mi piace descrivere. Dove potrei ambientare le mie storie se non tra queste montagne, questi paesi, questi panorami? Credo che nominare un luogo, farlo diventare protagonista delle mie storie sia assolutamente automatico. Come un binomio. Non c’è terra migliore di quella che si abita, per scriverne. Il lettore attento lo sa.

Source: Si ringrazia Emilia Bersabea Cirillo per la disponibilità e il materiale

Disclosure: Fonte della trama e della biografia dell’autrice www.liguana.it

© 2017, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).

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