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Fedor ha sedici anni, in giro lo chiamano il River Phoenix di Inganni, quartiere della periferia ovest di Milano. Insieme ai suoi amici, il Moro e Leo, si preparano a girare un video hip-hop per una rapper loro coetanea. Si esercitano, sperimentano, s’improvvisano attori sotto la regia marziale del Moro, in fissa con il cinema e la recitazione. Fedor, però, ha anche una vita che nessuno conosce: mentre accudiva la madre ha scoperto il Fentanyl, e ne è diventato dipendente. Sempre a corto di soldi, viene introdotto in un giro di appuntamenti dove uomini adulti pagano giovani adolescenti per inscenare incontri in cui possono diventare altro da sé.

Il libro di Placido Di Stefano è davvero il racconto spietato di cosa significhi diventare adulti crescendo ai margini del mondo contemporaneo.

I grandi cambiamenti che hanno attraversato la società a partire dagli anni Ottanta hanno profondamente alterato il percorso biografico “standard”. A seguito delle numerose e profonde trasformazioni dell’assetto sociale, il corso di vita – l’ordine e la durata con cui le fasi della vita si susseguono – è stato interessato da un progressivo processo di “fluidificazione”, che ha reso meno netto il passaggio da una fase all’altra. Il passaggio dalla gioventù all’età adulta, in particolare, ha assunto caratteristiche del tutto nuove. Quelle che erano le tappe tradizionali del percorso che conduce dalla condizione di giovane a quella di adulto (conclusione degli studi, inserimento stabile nel mercato del lavoro, autonomia abitativa, matrimonio e genitorialità), infatti, oggi non solo sono più distanti fra loro, ma seguono un ordine cronologico irregolare e sono spesso caratterizzate da un’alternanza di passi in avanti e passi indietro.1

Anche Fedor è una vittima di drastici cambiamenti, familiari più che sociali, che lo hanno costretto ad abbandonare il suo essere giovane e spensierato. Responsabilità e dolore lo hanno trascinato in un vortice troppo forte da gestire da solo. Il brutale e precoce passaggio all’età adulta porta Fedor non tanto all’effetto yo-yo tra le fasi della vita quanto alla creazione di tanti sé. Ruoli da interpretare nei vari momenti della sua esistenza. 

Il Fentanyl è un oppiode sintetico cento volte più potente e tossico della morfina, conosciuto anche come “droga degli zombie”. Negli Usa è stato responsabile di 74mila morti nel 2023. È un problema che riguarda anche Europa e Italia. Dal 12 marzo 2024 è scattata l’allerta di terzo grado in Italia per la sempre maggiore diffusione nelle piazze di spaccio di questa sostanza.2

L’essersi avvicinato alla droga e la tossicodipendenza che ne è derivata, con la conseguente sempre maggiore necessità di soldi, trascina Fedor in profondità sempre più buie della marginalità sociale. 

Sono numerosi gli aspetti contorti e complessi della società odierna che l’autore indaga nel libro, e lo fa attraverso il racconto delle storie dei protagonisti. Di Fedor ma anche dei suoi amici. Le varie sfaccettature dell’adolescenza, soprattutto quelle più cupi e tristi, vengono mostrate al lettore in tutta la loro brutale realtà. E verità. Perché il mondo racconto da Di Stefano è reale. O realistico. Nel senso che esiste davvero, anche se i suoi personaggi sono inventati. 

Fedor porta questo nome per ovvia volontà di sua madre, nome scelto anche per omaggiare uno dei più grandi autori di ogni epoca letteraria. 

E allora la mente non può non andare a L’adolescente di Fëdor Dostoevskij. Pur nella differenza della costruzione delle rispettive storie, dello stile e delle motivazioni che hanno portato gli autori a scrivere, si ritrova in GAP la medesima narrazione di una gioventù inquieta e sradicata. Egualmente si ritrova nel libro di Di Stefano quella vertiginosa sequenza di fatti, quel turbine di avvenimenti intensi e, per certi versi assurdi, che si leggono nell’opera di Dostoevskij. Entrambi i libri, entrambe le storie per certo rispecchiano l’epoca in cui sono state scritte. I due protagonisti agiscono in mondi diversi e in maniera differente ma sono entrambi mossi da una comune volontà di riscatto. Meno evidente nel libro di Di Stefano perché Fedor sembra annichilito dalla droga, interessato solo a procacciarsi i soldi per la dose di Fentanyl. Ma è finzione. Una messa in scena. Una recita. Tutti stanno recitando. Anche i suoi amici. E lo fanno non soltanto sul set del video che stanno registrando. Lo fanno nella quotidianità perché è l’unico modo che sono riusciti a trovare per “inventarsi” la vita che desiderano, che immaginano, che vorrebbero. L’autore racconta di una generazione che volentieri butterebbe la maschera che, in un certo qual modo, è costretta a indossare. Ne farebbe volentieri a meno se riuscisse a trovare la soluzione. Se avesse una guida. Esattamente come accade nel romanzo di Dostoevskij: se avesse avuto la guida sicura del padre tanto cercato forse Arkadij non avrebbe commesso gli errori e le imprudenze che ne hanno determinato il cammino. O, forse, le avrebbe commesse egualmente. 

Ed è proprio questo il punto su cui il libro di Placido Di Stefano sembra voler far convergere l’interesse del lettore: la difficoltà di ridurre semplicisticamente la condizione esistenziale di coloro che crescono ai margini della società in un riduttivo o tutto bianco o tutto nero. Mostrandogli invece il grottesco adolescenziale periferico in tutta la sua complessità.

Il libro

Placido Di Stefano, GAP. Grottesco Adolescenziale Periferico, Neo. Edizioni, Castel Di Sangro (Aquila), 2025.


1A. Spanò, Gioventù e adultità nella società contemporanea: riflessioni sul dibattito suscitato dai cambiamenti del corso di vita, in Quaderni di Sociologia, n. 80 | 2019. 

2Allarme Fentanyl anche in Italia: da Consulcesi Club gli strumenti per riconoscere e contrastare le nuove droghe, in quotidianosanita.it, 6 dicembre 2024.


Articolo pubblicato su LuciaLibri.it


Disclosure: Per l’immagine in evidenza, credits www.pixabay.com


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