La festa del Primo Maggio viene definita “dei lavoratori” o “del lavoro” lasciando intendere che sia la stessa cosa. In realtà non è proprio così. In primis perché per lo Stato italiano almeno in questa data si festeggia “il lavoro” e non “i lavoratori”(facendo riferimento al modo in cui viene identificata detta festività sul sito del Ministero del lavoro e nella calendarizzazione delle festività scolastiche sul sito del Ministero della Pubblica Istruzione) e poi perché festeggiare i lavoratori equivarrebbe a riconoscere i loro meriti, i loro diritti, le abilità, le necessità e via discorrendo, festeggiare il lavoro invece equivale a inneggiare un’istituzione figlia dell’economia di mercato che può essere svolta indistintamente dagli uomini, dagli animali o dalle macchine. Ci si chiede quale siano i reali motivi per cui in Italia annualmente si sente il bisogno di festeggiare il lavoro.
Nei primi giorni del maggio 1886 a Chicago i lavoratori in sciopero si ritrovarono davanti ai cancelli della fabbrica di macchine agricole McCormick. La polizia sparò sui manifestanti causando due morti e diversi feriti. Un gruppo di anarchici locali, per protestare contro l’azione di polizia, organizzò una manifestazione in Haymarkert Square, dove aveva luogo il mercato delle macchine agricole. La polizia intervenne nuovamente e di nuovo sparò sulla folla provocando numerose vittime. Le conseguenze furono che quattro operai, quattro organizzatori sindacali e quattro anarchici furono condannati a morte. L’allora presidente Grover Cleveland pensò che la festa del Primo Maggio potesse essere un’occasione per ricordare questi episodi ma poi cambiò idea e decise che l’oggetto della festa dovesse essere l’antica organizzazione dei Cavalieri del lavoro. In Europa la festività del Primo Maggio fu ufficializzata durante la Seconda Internazionale riunita a Parigi nel 1889 e in Italia fu ratificata due anni dopo. Il 1° maggio del 1955 papa Pio XII istituì la festa di san Giuseppe lavoratore, affinché anche i lavoratori cristiani potessero condividere tale evento.
Il lavoro come lo intendiamo oggi, ovvero attività fisica e mentale volta alla produzione di beni e servizi che a loro volta producano denaro, costituisce una delle basi fondamentali dell’economia di mercato, adottata pressoché indistintamente da tutti gli stati definiti oOccidentali a partire dalla fine del Medioevo ma soprattutto in seguito alla Rivoluzione Industriale. Già l’economista ungherese Karl Polanyi dimostrò con i suoi studi che questo tipo di economia non solo non è l’unica esistita ma non è neanche l’unica possibile. Attraverso lo studio dei diversi tipi di integrazione sociale Polanyi riteneva possibile l’individuazione del posto che l’economia occupa all’interno della società. È in tale prospettiva che egli distingue società dove l’economia è inserita, immersa, incorporata in contesti relazionali che economici non sono (economia della reciprocità e economia della redistribuzione), nelle quali sono le relazioni di parentela, i legami personali, i rapporti politi o religiosi a determinare le modalità di relazione di tipo economico e società dove l’economia è disinserita, scorporata dalla società stessa (economia di mercato), nelle quali sono le relazioni economiche a determinare la forma di tutti gli altri ambiti relazionali che si vengono a stabilire nella società.
Aristoteledistingueva tra le attività volte alla semplice sussistenza, l’economia propriamente detta che egli identifica con l’economia domestica e lo scambio, e le attività volte al guadagno, che egli considerava una degenerazione delle prime. Le attività volte al guadagno nell’economia di mercato prevalgono nettamente su quelle volte alla semplice sussistenza e vengono chiamate “lavoro”. Friedrich Nietzsche sosteneva che «il lavoro come tale costituisce la migliore polizia e tiene ciascuno a freno. Esso logora straordinariamente una gran quantità di energia nervosa e la sottrae al riflettere, allo scervellarsi, al sognare, al preoccuparsi, all’amare, all’odiare». Ben lo avevano capito i nazisti nel momento in cui decisero di confinare il popolo ebreo e illuderlo che solamente il lavoro avrebbe potuto ridare loro libertà e dignità tolte. «Arbeit macht frei» (“Il lavoro rende liberi”) proclamavano le scritte all’ingresso dei campi di concentramento. «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro» recita il primo dei dodici principi fondamentali della Costituzione Italiana. Non sui cittadini, non sulla loro dignità o sui loro diritti bensì sul lavoro.
Il concetto di lavoro nell’economia di mercato va di pari passo con quello di crescita. Innumerevoli volte infatti si sentono politici e sindacalisti parlare di crescita, di necessità di provvedimenti che favoriscano la crescita economica, quella del PIL, quella del commercio nazionale e internazionale in maniera tale che possa crescere anche il lavoro. Serge Latouche afferma che «anche un bambino di cinque anni capirebbe immediatamente che una crescita infinita è incompatibile con un pianeta finito. […] Viviamo in un mondo dove milioni di lavoratori lavorano sempre di più, troppo, impazziscono, si stressano, si suicidano, e altri milioni di persone che invece non lavorano affatto. Lavorare meno è una delle misure per risolvere la disoccupazione, ma non è l’unica. Altre sono la rilocalizzazione e la riconversione ecologica. […] La parola è: “protezionismo”. Dobbiamo essere protezionisti in modo intelligente: un protezionismo sociale per permettere a tutti di lavorare, un protezionismo ecologico, per salvare il pianeta, un protezionismo anche fiscale. Mettere la concorrenza, il libero scambio, è una forma di protezionismo ma è il protezionismo più feroce dei predatori. Dobbiamo proteggere i deboli, il popolo! Non i predatori, non gli speculatori, non i finanzieri, non le banche, ma il popolo!». Per questo scopo ci sarebbero i sindacati.
In Italia esistono:
- 11 Confederazioni e Federazioni Sindacali Generali.
- 6 Sindacati Confederali dei lavoratori.
- 9 Sindacati Autonomi dei lavoratori.
- 5 Sindacati di Base dei lavoratori.
- 19 Sindacati dei lavoratori inseriti nella categoria “altri”.
Sempre in Italia abbiamo:
· Un tasso di disoccupazione al 13%(dati ISTAT 2014).
- Un tasso di disoccupazione giovanile al 42,3% (dati ISTAT 2014).
- Ogni anno 1 000 000 di incidenti sul lavoro (dati Relazione finale sul fenomeno degli infortuni sul lavoro 2013 della Commissione parlamentare d’inchiesta).
- Nel 2010 circa 32.000 denunce per tecnopatie, ossia per malattie professionali (dati Ministero del Lavoro).
- 1 500 000 di lavoratori vittime di mobbing(dati ISPESL – Istituto per la prevenzione e la sicurezza del lavoro).
- 453 infortuni mortali sul posto di lavoro nel 2013 (dati Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering).
- Circa 30 000 ragazzi a rischio sfruttamento (dati Save the Children).
- I salari dei lavoratori tra i più bassi d’Europa, in discesa al 23° posto su 34 (dati OCSE).
- Gli stipendi dei parlamentari più alti in Europa (dati ISTAT 2010).
- Gli stipendi degli europarlamentari più alti in Europa (dati ricerca del professor Pablo Oñate dell’Università Carlos III di Madrid).
Secondo un’inchiesta condotta da «Il Messagero» ammonterebbe a circa 1 miliardo di euro il contributo pubblico ricevuto dai sindacati annualmente, cui andrebbero ancora aggiunte le quote associative e le rendite relative all’ingente patrimonio immobiliare. Mentre Caf e Patronatiincasserebbero 600 milioni. L’iniziativa simbolo della Festa del lavoro che loro chiamano dei lavoratori è il Concerto in piazza san Giovanni aRoma detto anche Concerto del Primo Maggio, organizzato congiuntamente da CGIL, CISL e UIL le cui spese, che ammontano a oltre 240 000 euro,sono a carico del Comune Capitolino e quindi di riflesso dei cittadini. Questa manifestazione ricorre dal 1990 e ancora non si capisce bene quali siano gli sviluppi positivi che ha sui lavoratori, sui contratti dei lavoratori, sugli stipendi dei lavoratori, sul tasso di disoccupazione… a tutti gli effetti quello che vuol essere considerato l’evento simbolo dei lavoratori altro non è che una manifestazione canora a carico dei lavoratori, organizzata dai sindacati, anch’essi a carico dei lavoratori.
George Orwell diceva: «Più di ogni altro, forse, il minatore può rappresentare il prototipo del lavoratore manuale, non solo perché il suo lavoro è così esageratamente orribile, ma anche perché è così virtualmente necessario e insieme così lontano dalla nostra esperienza, così invisibile, per modo di dire, che siamo capaci di dimenticarlo come dimentichiamo il sangue che ci scorre nelle vene». Oggi sembra che ci si dimentichi della persona che è il lavoratore e si focalizzi l’attenzione solo sul lavoro e quindi sul guadagno che ne può e ne deve derivare. Durante un convegno sulla Decrescita Felice Maurizio Pallante ha detto: «Non fanno altro che parlarci di crescita di posti di lavoro senza spiegarci in realtà che fine hanno fatto quelli che c’erano». Peter Joseph sostiene: «la verità è che non possiamo continuare ad automatizzare con successo la nostra produzione senza ripensare al nostro atteggiamento verso il consumo, il lavoro, il tempo libero e la distribuzione del reddito». Federico Pistononel suo libro I robot ti ruberanno il lavoro, ma va bene così: come sopravvivere al collasso economico ed essere felici espone per esteso le sue ricerche sul sistema attuale, sui suoi rapidi cambiamenti e propone anche valide soluzioni alternative al soccombere al progresso, alla meccanizzazione, alla perdita del lavoro «Nel corso dei prossimi decenni lo spostamento dei carichi di lavoro verso le macchine e le intelligenze artificiali crescerà drasticamente. Tali cambiamenti saranno così radicali e veloci che il mercato non riuscirà a rispondere con nuove opportunità per chi ha perso il lavoro, rendendo la disoccupazione non solo una fase del ciclo, ma strutturale e cronicamente irreversibile. Sarà la fine del lavoro come lo conosciamo». Il che non è neanche negativo. È necessario rispondere con intelligenza a una situazione che immancabilmente si verificherà. Realizzare e non solo immaginare le macchine e le intelligenze artificiali svolgere il lavoro degli uomini non per scavalcarli bensì per agevolarli, per ridare loro il tempo perduto. Abbandonando il concetto che solamente il lavoro possa dare agli esseri umani la dignità, quest’ultima deriva dal vivere una vita dignitosa, piena di affetti, di sentimenti, di passioni, di piaceri e anche di doveri. Se le macchine sono in grado di liberare l’uomo dalla schiavitù del lavoro ben venga purché non si agisca più come fatto finora, ovvero che queste vengono impiegate per produrre di più a costi inferiori per rincorrere meramente il profitto e non il benessere collettivo.
Per Oscar Wilde «Il lavoro è il rifugio di coloro che non hanno nulla di meglio da fare». Silvano Agosti in quello che viene definito il Discorso tipico dello schiavo argomenta ancora meglio il concetto: «Mentre fino a ieri credevo che mi avessero fatto un piacere a darmi un lavoro, da oggi penso “Pensa questi bastardi che mi stanno rubando l’unica vita che ho, perché non ne avrò un’altra, c’ho solo questa… e loro mi fanno andare a lavorare 5 volte, 6 giorni alla settimana e mi lasciano un miserabile giorno, per fare cosa?! Come si fa in un giorno a costruire la vita? […] Questi stanno rubandomi la vita, in cambio di due milioni e mezzo (di lire. Ndr) al mese, bene che vada, mentre io sono un capolavoro il cui valore è inenarrabile. Non capisco perché un quadro di Van Gogh debba valere miliardi e un essere umano due milioni e mezzo (di lire. Ndr) al mese, bene che vada». Agosti ha lanciato online la petizione per proclamare l’essere umano patrimonio dell’umanità.
Mentre la Camusso gioiva pubblicamente perché il sindacato di cui è segretario generale, la CGIL, nel 2012 raggiungeva 5 712 642 iscritti sostenendo che è il «segno che, al di là di tanta propaganda che viene fatta, riusciamo a dare risposte concrete al lavoro», nello stesso anno, secondo uno studio di DataGiovani, 365 000 persone hanno perso il lavoro, e ci sono stati oltre 118 suicidi causati dalla crisi economica, come si evince dallo studio de «Il Fatto Quotidiano» inoltre, stando ai dati forniti da Eurostat, in Italia i dipendenti con un contratto di durata limitata in un decennio sono aumentati di 3.9 punti percentuali, passando dal 9.9% del 2003 al 13.8% del 2012. È bene sottolineare il fatto che ancora una volta si parla di “lavoro” e non di “lavoratori”, e che il leader di CGIL ponga l’accento sul «dare risposte concrete al lavoroÜ. Di ciò si saranno resi conto i 5 712 642 iscritti al sindacato?
Nonostante un articolato studio su quella che in Italia viene chiamata indistintamente Festa del Primo Maggio o Festa dei Lavoratori oppure ancora Festa del Lavoro davvero non si è riusciti a trovare una fondante motivazione unica e altrettanto indistinta e soprattutto non si è riusciti a comprendere quali possano essere i giovamenti delle iniziative a essa collegate, come il Concerto in piazza san Giovanni, per i lavoratori. Che sia diventato un simbolo? Forse. Ma un simbolo molto oneroso per questi lavoratori che se continueranno anche in futuro a non riceverne di altro tipo potrebbero tranquillamente farne a meno e ricevere direttamente loro il contributo che passa attraverso il Concerto e attraverso il Sindacato, se è davvero a loro destinato.
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