Tagli all’istruzione. Tagli alla sanità. Scelte politiche e non mediche. Organizzazione d’interesse e non di necessità. Dirigenti che devono diventare manager e dipendenti schiavi. Il tutto senza soldi. O meglio, con una distribuzione irresponsabile dei fondi. Quando, in Italia, si parla di malasanità, giustamente, ci si riferisce alla scarsa qualità dei servizi offerti all’utenza, ai pazienti, ovvero ai malati che si rivolgono al servizio sanitario nazionale per ricevere le supposte dovute cure. Ma bisognerebbe includere e ricordarsi, ogni volta, che di malasanità soffrono anche le persone (medici, infermieri, operatori socio-sanitari, …) i quali ogni giorno affrontano davvero il problema, sulla propria pelle.
È la politica che decide cosa spetta ai pazienti. Quali esami, quali farmaci, se e quanti giorni di degenza, se e quali tipi di intervento… Sulla base delle linee guida nazionali e internazionali certo ma, soprattutto, seguendo la logica di interessi che spesso non sono né medici né professionali e in base a quanti fondi si riescono a destinare.
Quali conseguenze ha tutto questo sulla vita, sulla psiche, sulla carriera e sull’essere di un medico che non è un politico e neanche un burocrate?
Leggere Dal profondo del cuore di Ciro Campanella aiuta a farsene un’idea precisa. Un libro, definito dallo stesso autore un diario edito lo scorso anno da Di Renzo Editore, che racconta la parabola professionale e personale di un ragazzo che sceglie di fare il medico perché «fare qualcosa di positivo per gli altri è ciò che porta maggiori premi morali». Una scelta che è solo l’inizio di un lungo percorso di studio e lavoro che lo ha condotto a girare gli ospedali del mondo per imparare le tecniche migliori, il metodo e il modo per salvare le persone. Per cercare di farlo. Per riuscirci il maggior numero di volte possibile.
La vita è fatta di questo in fondo, «di scelte, talvolta crudeli, talaltra avventurose. E non sai mai se hai fatto quella giusta, finché non ne paghi il conto». E Campanella ne ha pagato uno salato. Tanti anni lontano gli avevano fatto dimenticare cosa è in realtà la sanità in Italia. La scelta di ritornare gliela ha sbattuto di nuovo in faccia quell’inadeguatezza che aveva percepito già da studente. Quel metodo sbagliato di affrontare politicamente scelte e decisioni che devono, o dovrebbero essere, solo mediche e scientifiche.
Ciro Campanella ha lavorato come cardiochirurgo in Sudafrica, in Scozia, in Cina, India, Stati Uniti, Europa, Turchia. Ha conosciuto aspetti della vita e del mondo che in tanti ignorano del tutto. Ha lavorato e studiato sodo eppure scrive un libro adottando uno stile narrativo che è l’emblema della semplicità e della linearità. Sembra raccontare le esperienze della sua vita attraverso gli occhi sognanti e disincantati di quel giovane uomo che sceglie di fare il medico e salvare vite umane per ottenerne in cambio ‘solo’ premi morali.
Dal profondo del cuore di Ciro Campanella è fuor di dubbio un diario all’interno del quale l’autore racconta la sua personale esperienza ma rappresenta per certo anche il racconto, la denuncia di un sistema sanitario che mette colui che dovrebbe esserne il fulcro, ovvero il paziente, in ultima posizione. Lo ignora come ne ignora i reali bisogni. E questo è sotto gli occhi e sulla pelle di tutti e di ogni cittadino italiano che ogni giorno si vede costretto a lottare per vedere riconosciutogli un diritto che dovrebbe essere già acquisito: il diritto a ricevere adeguate cure e un trattamento dignitoso. Non è così e non lo è da tanto di quel tempo che si potrebbe anche ipotizzare non lo sia mai stato.
Un libro, Dal profondo del cuore, scritto con uno stile semplice e lineare ma che affronta un problema complesso e grave. Un diario che merita senz’altro di essere letto anche perché spinge il lettore a guardare oltre la storia personale ivi narrata e volgere lo sguardo verso l’origine del problema, la causa. Perché è da lì che deve o dovrebbe partire il cambiamento se si desidera che sia reale, concreto ed efficace.
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