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L’11 marzo 2011 due catastrofi hanno colpito il nord-est del Giappone. Questo libro parla del primo disastro: lo tsunami. 

La seconda è iniziata di sera, quando i reattori della centrale nucleare di Fukushima Dai-ichi si sono fusi, dopo che i sistemi di raffreddamento non erano entrati in funzione. Le esplosioni avvenute in tre reattori hanno sparso la ricaduta radioattiva nell’entroterra. Più di 200.000 persone hanno abbandonato le loro abitazioni ma, grazie a una rapida evacuazione e, secondo Lloyd Parry, a una buona dose di fortuna, nessuno è morto a causa delle radiazioni. È comunque troppo presto per essere certi delle conseguenze a lungo termine di Fukushima.

Il terremoto e lo tsunami, che hanno scatenato il disastro nucleare, hanno generato un effetto più immediato sulla vita umana. Quando il mare si è ritirato, oltre 18.500 persone sono rimaste schiacciate, bruciate vive o annegate. È stata la più grande perdita di vite umane in Giappone dopo il bombardamento atomico di Nagasaki avvenuto nel 1945.

Il terremoto delle 14:48:51 dell’11 marzo 2011 è stato il più grande che abbia mai colpito il Giappone e il quarto più potente nella storia della sismologia. Ha spostato la Terra di 16.5 centimetri dal suo asse; ha avvicinato il Giappone all’America all’incirca di quattro metri.1

Nello tsunami che ne è seguito, al suo culmine, l’acqua ha raggiunto l’altezza di trentasei metri e mezzo. Mezzo milione di persone sono state sfollate dalle loro case. 

Il terremoto e lo tsunami hanno causato più di 210 miliardi di dollari di danni.2

Si è trattato della più grande crisi che il Giappone ha dovuto affrontare dalla Seconda guerra mondiale. 

La terra intorno alla centrale nucleare sarà contaminata per decenni. I villaggi e le città distrutti dallo tsunami non potranno mai essere ricostruiti. 

Centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza a manifestare contro il nucleare e i governi di Germania, Italia e Svizzera hanno abbandonato definitivamente l’energia nucleare. Ma poi il tempo passa, la mente sembra dimenticare, e si ritorna a parlare del nucleare come energia alternativa. 

Nucleare e gas sono considerate oggi energie utili e necessarie per la transizione energetica verde. A febbraio la Commissione europea li aveva inclusi fra gli investimenti sostenibili fino al 2030 e il voto è stato confermato proprio in questi giorni dal Parlamento europeo. 

Richard Lloyd Parry si reca nei luoghi più colpiti dallo tsunami e rimane impressionato allorquando il navigatore dell’auto gli indica di essere giunto a destinazione ma, osservando dai finestrini, nel mondo reale non c’era nulla. Un intero villaggio scomparso. 

Ricorda egli al lettore che, laddove si dovesse essere esposti a un violento terremoto, il posto più sicuro sarebbe proprio il Giappone, e il posto migliore di tutti è una scuola giapponese. Con una sola eccezione. Ed è su quella che Parry ha indagato. È di questo che parla il suo libro.

A Fukuji si era formato un gruppo di amici particolarmente forte e ben organizzato. Erano tutti genitori di bambini morti nella scuola elementare di Okawa. Il dolore li aveva fatti incontrare, ma non era la sofferenza in sé a unirli. Il combustibile del loro dolore, che gli aveva dato forma e lo aveva incanalato come le rive di un fiume, era la rabbia. 

«È il modo in cui sono morti. Più le cose vanno avanti, più capiamo. Capiamo che quelle vite avrebbero potuto essere salvate. Lo tsunami è stato un enorme disastro. Ma soltanto in una scuola, una sola nel paese, i bambini hanno perso la vita in questo modo: la scuola elementare di Okawa. Questo è un fatto e può essere spiegato solo da un fallimento: la scuola ha fallito a salvare la vita ai bambini. Loro hanno fallito. E non si sono scusati e non hanno fornito spiegazioni adeguate.»

Il terremoto aveva colpito alle 14:46. Le lancette dell’orologio della scuola si erano fermate alle 15:37, quando la corrente era saltata a causa del livello crescente dell’acqua.

Cosa è successo in quel frangente di tempo?

Come in molte istituzioni giapponesi, le operazioni della scuola elementare di Okawa erano governate da un manuale. Che non era stato aggiornato. L’aggiornamento è previsto ogni anno. 

In luogo di un più sensato consiglio di spostarsi su una collina o comunque in terreni più elevati rispetto al livello del mare, il manuale della scuola prevedeva, in caso di tsunami, lo stazionamento nel terreno aperto vicino alla scuola, un parco, o luoghi simili. 

Tra la scuola elementare di Okawa e la spiaggia di Matsubara intercorre una distanza in linea d’aria di due miglia e un quarto. Ma il pericolo alla scuola elementare non è giunto direttamente dal mare, bensì attraverso il fiume. 

Il Kitakami è stata la porta attraverso la quale lo tsunami ottenne l’accesso alla terra. Il fiume lo incanalò e lo concentrò, rendendolo sempre più intenso e forte, e lo scagliò sul fragile argine. 

Una grande quantità di persone era morta all’improvviso. I reattori nucleari esalavano veleno nell’aria. In qualunque paese tali eventi avrebbero di certo rappresentato il catalizzatore dell’indignazione, della protesta e dell’azione dei movimenti in favore del cambiamento.

«Noi giapponesi siamo risorti dalle ceneri della Seconda guerra mondiale utilizzando la nostra forza vitale per assicurare una ripresa duratura e l’attuale prosperità del paese. Non ho alcun dubbio che il Giappone supererà questa crisi, si riprenderà dalle conseguenze del disastro, ne uscirà più forte che mai e stabilirà un paese più attivo e migliore per le generazioni future.»3

Richard Lloyd Parry sottolinea come non accadde nulla de genere. La promessa di rinascita intravista nei centri per gli sfollati non sarebbe mai stata pienamente mantenuta. 

Rinvigorito dal periodo di opposizione, il vecchio partito liberaldemocratico tornò al potere, come lo era stato per cinquantatré degli ultimi cinquantasette anni. 

Il suo leader, Shinzo Abe è stato, ricorda l’autore, il Primo ministro più nazionalista dai tempi della guerra. Nonostante la preoccupazione nazionale per Fukushima, si impegnò fermamente per evitare la dismissione dei reattori nucleari giapponesi.

Shinzo Abe è rimasto vittima di un attentato lo scorso 8 luglio durante un evento elettorale per motivi che esulerebbero dalla sfera di influenza politica.

Il sistema di giustizia civile in Giappone, come la sua democrazia, sembra al di là di ogni critica. I giudici sono indipendenti, la corruzione e l’intimidazione quasi sconosciute. Ma al suo interno l’apparato è pregiudizialmente a favore dello status quo e delle istituzioni pubbliche e private che lo sostengono. Se qualcuno intraprende un’azione legale contro un’istituzione, una grande azienda, una banca o un governo locale, in Giappone l’istituzione vincerà quasi sempre.

Anche per questo la relativa vittoria dei genitori di Okawa è sembrato un grande evento. Anche se, a ben guardare, nonostante la concessione di un cospicuo risarcimento, i giudici non hanno mai espresso alcuna opinione sulle azioni del preside Kashiba, prima o dopo lo tsunami. Hanno assolto gli insegnanti per il confuso manuale di emergenza. Sono rimasti in silenzio riguardo l’evasività del Consiglio per l’istruzione e la scomparsa degli appunti dei colloqui con i bambini sopravvissuti. Sulle falsità dell’insegnante Junji Endo, sopravvissuto, e sulla sua incapacità di rendere conto delle proprie azioni.

Una sentenza che non solo non scrive la parole fine sulla vicenda ma non dona alcun conforto o agevolazione ai genitori nella ricerca di un po’ di serenità o pace.

Il reverendo Taio Kaneda, prete ed esorcista, riunì un gruppo di colleghi sacerdoti, scintoisti e buddisti, e persino un pastore protestante, per compiere una marcia rituale verso la città di Shizugawa, che era stata completamente distrutta. 

La processione di quegli uomini vestiti con abiti vivaci procedette tra le rovine: qualcuno di loro reggeva un cartello recante la scritta «Consolazione per gli Spiriti».

Camminarono per quattro ore. Gli automezzi continuarono a occuparsi delle macerie al loro passaggio. Gli operai, in casco da lavoro, raccoglievano i detriti e li scuotevano con fermezza lontano dai cingoli. I preti si sentirono a disagio. Cominciarono a sospettare che, lungi dall’essere di aiuto, costituissero un ostacolo indesiderato per le operazioni di rimozione. 

Kaneda confessò a Parry di essersi reso conto, insieme agli altri, che nulla di quanto avevano imparato sui rituali e sulle formule sarebbe stato efficace per affrontare ciò che avevano visto tutt’intorno a loro. La rovina che stavano osservando non poteva essere inquadrata dai principi e dalle teorie della religione. Si rese conto che tutto l’armamentario della religione era in realtà una corazza che serviva a proteggerli, e che l’unica via d’uscita era liberarsene. 

Tutti in Giappone cercavano consolazione. Più tempo passava, più diventava difficile trovarne.

Dopo che le vittime dello tsunami furono curate, rifocillate e protette, ci si sforzò di prevenire un’invisibile catastrofe secondaria di ansia, depressione e suicidio. 

Un’indagine condotta un anno dopo il disastro rivelò che quattro sopravvissuti su dieci lamentavano insonnia, e uno su cinque soffriva di depressione. Ci fu un aumento dell’alcolismo e delle malattie legate allo stress, come l’ipertensione. 

E non erano solo i sopravvissuti a cercare consolazione.

I sacerdoti esorcisti, tra i quali Kaneda, hanno raccontato di aver assistito numerose persone “possedute” dagli spiriti delle vittime dello tsunami. 

Si è liberi di credere o meno in questo genere di cose ma il punto dell’argomento trattato da Parry nel libro non è la veridicità in sé di quanto raccontato dagli esorcisti e dagli esorcizzati, quanto piuttosto il malessere diffuso delle anime, dei vivi, dei morti o dei sopravvissuti. 

Lo scopo ultimo del libro di Richard Lloyd Parry sembra essere un invito alla riflessione, oltre che alla conoscenza. Perché questa, forse, è l’unica strada verso la consapevolezza. 

Racconta Parry di un Giappone che raramente emerge. Del resto lui lo fa da “cittadino giapponese” vivendoci da molto tempo. Un paese i cui abitanti hanno per certo una forza, una volontà e una determinazione invidiabili ma tutto questo nasconde un duro e amaro rovescio della medaglia. E Parry ha dimostrato di saperlo egregiamente raccontare.

Il libro

Richard Lloyd Parry, Fantasmi dello Tsunami. Nell’antica regione del Tohoku, Éxòrma, Roma, 2021.

Traduzione di Pietro Del Vecchio.

Titolo originale: Ghosts of the Tsunami. Prima edizione Jonathan Cape, United Kingdom, 2017.

L’autore

Richard Lloyd Parry: corrispondente dall’Asia per «The Times».


1Kenneth Chang, Quake Moves Japan Closer to U.S. and Alters Earth’s Spin, «New York Times», 14 marzo 2011.

2Jeff Kingston, Introduzione, in Id., (a cura di), Natural Disaster and Nuclear Crisis in Japan, Routledge, Abingdon, 2012.

3Cit. Naoto Kan, Primo ministro dell’epoca.



Articolo disponibile anche qui


Source: Si ringrazia l’Agenzia Anna Maria Riva per la disponibilità e il materiale.

Disclosure: Per le immagini, tranne la copertina del libro, credits www.pixabay.com


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