Cosa accade quando una veggente non riesce a vedere né comprendere quello che le accade intorno? Si tratta di un’incapacità reale oppure è un meccanismo di autodifesa? E se la persona che cerca di far luce su questa oscurità sia incapace di mostrare realmente se stessa? I lati oscuri della personalità di una persona vincono anche la forza di poteri soprannaturali? E se fosse tutta una strategia?
Il libro di Andrea Mauri cerca non solo di rispondere a questi interrogativi ma di ingenerarne altri, sempre nuovi, per andare più in profondità nella ricerca della vera essenza dell’esistenza e delle persone.
Beatrice è una veggente, da anni ricoverata in clinica. Suo figlio Antonello si prende cura di lei e della sua evanescente memoria. Beatrice ama cospargersi letteralmente di profumo, uno in particolare: Poison. Un profumo certo ma con un nome che simbolicamente vuol far riflettere il lettore: qual è il veleno che quotidianamente Beatrice cosparge sul suo capo? Che significato potrà mai avere questo gesto? È una forma di penitenza? Per quello che ha dimenticato? Per ciò che non ha compreso? Per ciò che nasconde?
Antonello cerca di curare la memoria di sua madre raccontandole tutti i momenti belli trascorsi assieme ma entrambi sanno benissimo che ce ne sono altri, bui, che nulla potrà cancellare. Momenti dolorosi che hanno segnato la vita di entrambi. Sarà l’incontro con il neurologo Gabriele a dare la forza ad Antonello di far emergere il proprio vero io, se stesso in tutte le sue contraddizioni, aspirazioni. Con tutta la forza che solo le emozioni e la passione possono dare. Eppure anche un sentimento positivo, come l’amore, può nascondere un lato oscuro. Una stortura della mente che solo una madre può comprendere fino in fondo. Anche una madre che non ricorda. Che ignora. Che non comprende. Che sembra tutto questo. Ma parliamo di una madre veggente.
La crescente complessità dei nuovi problemi che ci troviamo davanti è dovuto al fatto che ormai non ci si muove più sulla superficie allargata di un mondo macroscopico, bensì in un mondo microscopico di strutture invisibili. Per arrivare a queste, nella ricerca scientifica, abbiamo bisogno di una strumentazione che, sia pure di poco, disturba l’esperimento. Lo stesso vale per l’uomo, nella complessità del suo essere, fatta di corpo e di mente: in letteratura è necessario scavare sotto l’apparente compostezza e compattezza dell’individuo.1
Ed è esattamente ciò che Mauri fa compiere al suo protagonista: un lungo e tortuoso cammino introspettivo di relazione del sé con se stesso e con gli altri.
Se consideriamo il dualismo maschile / femminile come costitutivo di ogni cultura occidentale, è implicito in questo dualismo un potenziale simbolico che va dalla direzione della sua continua ripresa, affermazione, revisione, ridefinizione, sovvertimento. In altre parole, è proprio il dualismo che se da una parte afferma la differenza, dall’altra implicitamente spinge a modi di superamento della stessa differenza. La letteratura del Novecento è piena di opere nelle quali il maschile e il femminile intrattengono un rapporto fondato non sulla separazione ma sulla mescolanza, sull’avvicinamento, sull’ibridazione. Basti pensare a Carlo del romanzo di Pasolini, o a Ernesto di Saba. Ma la domanda da porsi è: possiamo ricondurre al corpo e in particolare alla sessualità un discorso intorno alla “verità” su cui si impostano le strutture retoriche del testo? Questi testi vanno interpretati con una logica invertita: servono a farci capire che all’interno della modernità si muovono forze che, pur non venendo esplicitamente alla luce, rendono sismico il campo su cui si costruisce il discorso letterario.2 E sono esattamente queste forze che muovono il romanzo di Mauri.
Il protagonista è e rimane combattuto, quasi schiacciato, tra il legame, a volte morboso, con una madre davvero singolare e quello con se stesso, l’unico che può offrirgli la forza di costruire un’unione con Gabriel, per esempio. Ma gli ostacoli non risiedono solo fuori dal sé, ovvero nell’ingerenza materna. No, sono dentro di lui. E sono questi i più pericolosi, deleteri, oscuri. A tratti perversi.
Poison di Andrea Mauri è un libro molto introspettivo. Molto profondo. Una storia che illumina i lati oscuri che si celano in ognuno di noi, i traumi irrisolti, i contrasti mai sopiti, le emozioni mai affiorate, i sentimenti di amore che si trasformano in odio e viceversa. Una lettura impegnativa che scuote e sorprende. Intriga e rinnega. Affascina e rattrista. Reazioni per certo previste dall’autore perché trasmesse attraverso Antonello e la sua storia, volutamente costruita da Mauri per sortire questo effetto choc in chi la legge, odiandola mentre se ne innamora.
Il libro
Andrea Mauri, Poison, Extempora Edizioni, Siena, 2025.
1M. Bresciani Califano, Con gli occhi della mente. Letteratura e scienza: l’estetica dell’invisibile, Firenze University Press, Firenze, 2024.
2M.A. Bazzocchi, Il codice del corpo. Genere e sessualità nella letteratura italiana del Novecento, R. Gasperina Geroni (a cura di), Edizioni Pendagron, Bologna, 2016.
Articolo pubblicato su Satisfiction.eu
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Andrea Mauri vive e lavora a Roma, negli archivi della Rai, le Teche. Ogni giorno attraversa la città, incontra persone, segue le strade e riflette sulla vita, incontra storie, altre le immagina, poi si reca a lavoro e vive tra mille storie del passato. È in questo modo forse che, pian piano, ha plasmato il racconto della vita di Antonello e di sua madre. Una narrazione in continuo bilico tra passato, presente e futuro. Un passato dimenticato e cercato, un presente invivibile e un futuro che racconta cose che si è costretti a tenere nascoste.

