Come si formano le identità politiche? Cosa collega le identità personali, individuali, alle identità di gruppo? Quale rapporto c’è tra le identità politiche, i gruppi, le istituzioni? Quesiti che possono essere soddisfatti solo mettendo in relazione le conoscenze acquisite dalla psicologia scientifica in tema di identità, individuali e collettive, con l’analisi istituzionale, con quanto si sa sulla genesi, il funzionamento e le trasformazioni delle organizzazioni e delle istituzioni politiche. Lo scopo che Panebianco si è prefisso nel libro è mettere a fuoco, nei suoi vari aspetti, un fenomeno così complesso in modo tale che risulti evidente la necessità per gli studiosi di superare gli steccati e le barriere disciplinari.
L’argomento del libro di Panebianco è il rapporto fra le identità politiche (individuali e collettive) e le dinamiche istituzionali: l’unico modo per poterlo affrontare è attingendo a una pluralità di tradizioni disciplinari. Nel corso del Novecento si affermano le specializzazioni disciplinari e si consolidano confini e barriere tra esse. Ma, sottolinea l’autore, non tutti i pesci restano impigliati nella rete. Diversi sono gli studiosi i quali, anche in tempi recenti, hanno condotti studi che avvicinavano due o più discipline e lo stesso Panebianco basa la sua indagine sulla necessità di erodere il confine tra le scienze sociali e, più precisamente, fra le scienze del macro (soprattutto scienza politica e sociologia) e la psicologia, nella ferma convinzione che ai politologi sia utile fare ricorso alle conoscenze acquisiste dalla psicologia per comprendere vari aspetti dei processi politici, e che agli psicologi sia parimenti utile tenere conto dei contesti istituzionali per spiegare credenze, atteggiamenti e comportamenti individuali e di gruppo.
L’identità è il tratto qualificante di una persona, riconoscibile proprio grazie a determinati caratteri. I valori provengono da un contesto diverso dallo spazio intimo in cui la persona coltiva la propria identità. C’è, quindi, il rischio che l’adesione a certi valori, ove non sia il frutto di una spontanea espressione di volontà, finisca col mortificare proprio quella libertà e autonomia dalle cui manifestazioni concrete dipende il progressivo affinamento dell’identità personale. Detto altrimenti, c’è il rischio che la persona debba piegare o, quanto meno, adattare la propria identità alla supremazia coattiva dei valori, rinunciando a una parte più o meno rilevante e cospicua di libertà e autonomia. Importante è, quindi, l’individuazione di un percorso metodologico, costruito intorno alla centralità della persona, che permetta ai “valori” di concorrere al processo di graduale definizione dell’identità personale senza che gli stessi attentino alla integrità dell’indefettibile e irretrattabile autonomia della persona stessa.
La persona può essere considerata quale entità che si muove su tre piani: quello psicobiologico (dimensione individuale); quello comunitario (dimensione sociale); quello istituzionale (dimensione politica). Il primo piano riguarda i rapporti della persona con sé stessa, il secondo i rapporti con gli altri consociati, il terzo i rapporti con l’autorità. Per cui si ipotizza che l’identità personale scaturisca dalla combinazione di identità individuale, identità sociale, identità politica1.
La domanda ora è se e in quale misura lo Stato, che incarna l’autorità e il potere, sia legittimato a concorrere a definire l’identità personale, agendo su quel segmento della stessa indicato come identità politica.
Lo Stato e la persona, pur avendo molteplici occasioni di contatto e di interazione, dovrebbero muoversi su piani distinti quanto alla identità personale2.
La politica, sottolinea Panebianco, ha due peculiarità: la prima è la territorialità – all’universalismo, almeno tendenziale, dell’economia o della cultura, si contrappone il particolarismo (territoriale) della politica -, la seconda è l’uso della forza – peculiarità connessa alla possibilità del ricorso alla violenza fisica.
La politica è, prima di tutto, un gioco contro personam3, implica sempre un conflitto. I rapporti tra governanti e governati sono dominati dalla «paura». La paura dei governati di essere oppressi dai governanti, la paura dei governanti che i governati si ribellino4.
Per cui la società non è soltanto un luogo di potenziale collaborazione tra le parti: è un contesto in cui si consumano ingiustizie, antagonismi, diseguaglianze, divisioni5.
È tuttavia doveroso fare una distinzione tra Stato liberale e Stato etico. Accedendo alla prospettiva liberale è giocoforza ammettere che l’identità personale sia il frutto specifico di un esercizio quotidiano di libertà e di autonomia. Se il perno intorno al quale ruota questa filosofia è la libertà, allora ciò che connota in modo esclusivo la persona stessa rappresenta il confine che l’autorità non può mai oltrepassare. Per un liberale, lo Stato garantisce la pace e l’ordine, distribuendo diritti e doveri, autorizzando le istituzioni all’uso della forza per ripristinare la legalità violata, presidiando la sovranità interna contro il rischio di ingerenze e aggressioni da parte di altri Stati. Stando così le cose, appare chiaro che l’opera di progressivo affinamento dell’identità personale non possa che essere un fatto individuale, una questione di coscienza propria e incoercibile della persona. Attraverso l’equilibrio così raggiunto dei diritti, lo Stato deve porre i cittadini nella condizione di educare sé stessi6. Il che significa conformare la propria esistenza all’identità che ogni persona possiede in via esclusiva. Forse, l’unico contributo che lo Stato offre al processo di emersione dell’identità personale è la cura verso la libertà degli altri. La filosofia liberale, dunque, è ostile a ogni impostazione organica dell’etica che subordini la persona a entità superiori, a cominciare proprio dallo Stato.
All’opposto si muove lo Stato etico che ha visto in Hobbes prima e in Hegel poi i suoi più autorevoli cultori. Per Hegel, lo Stato è sostanza etica consapevole di sé, quale unità e fusione di moralità e diritto astratto. Esso, dunque, assurge a fine supremo e arbitro assoluto del bene e del male.
Tra queste due contrapposte concezioni si colloca, però, la storia: un lungo e multiforme tragitto che ha visto alternarsi momenti di dominio tangibile della dimensione comunitaria a frangenti nei quali lo Stato, e l’autorità da esso incarnata, hanno assunto sembianze preponderanti sino a mettere in secondo piano la stessa autonomia sociale7.
L’identità del soggetto non si fonda però su un’esclusiva e onnicomprensiva visione del mondo, che fornisce indicazioni tanto dal punto di vista valoriale che per l’agire quotidiano, ma si costruisce attraverso pluriappartenenze, con la conseguenza del non poter più parlare di assolutizzazione dell’identità sociale8. Le condizioni di vita tipiche della società post-moderna e globale consentono agli attori sociali una maggiore libertà nella definizione della propria posizione sociale e successivi riadattamenti9. La loro quotidianità appare infatti caratterizzata da continui e profondi processi di riorganizzazione del tempo e dello spazio, differenziazione, disaggregazione che rendono le interazioni sociali sempre più complesse e interconnesse, fornendo all’individuo molteplici possibilità di scelta e introducendo una costante dimensione di incertezza10.
C’è poi un ulteriore aspetto trattato da Panebianco, ovvero in che modo l’insieme di relazioni politiche convenzionalmente definito “politica internazionale” condiziona le identità collettive e, a sua volta, ne è condizionato.
Le democrazie europee attraversano un momento di forti difficoltà. Per una molteplicità di cause. Ne Vecchio Continente stato nazionale e democrazia sono due facce della stessa medaglia. Molte delle difficoltà che oggi sperimentano le democrazie europee sembrano derivare da uno scollamento, e dalle connesse tensioni, fra lo stato nazionale e il regime politico democratico. Stato nazionale e democrazia in Europa sono messe sotto pressione a causa di tre sfide e del loro intreccio: gli effetti dell’accresciuta interdipendenza internazionale; le migrazioni e la conseguente trasformazione degli stati nazionali europei in stati multietnici; le minacce alla sicurezza. La pressione concomitante di queste tre sfide provoca riallineamenti e cambiamenti nelle identità politiche.
Panebianco descrive l’attuale situazione europea come la sovrapposizione di un’arena hobbesiana militare e un’arena hobbesiana civile. I cittadini hanno perso i punti di riferimento della loro identità politica “tradizionale” e altalenano tra posizioni favorevoli alla globalizzazione e posizioni contrarie alla globalizzazione, tra posizioni europeiste e atlantiste e anti-europeiste e anti-atlantiste, tra favorevoli all’immigrazione e contrari all’immigrazione.
Vacillando l’identità collettiva ne risente giocoforza anche quella individuale e qui si ritorna al punto centrale dell’indagine dell’autore: la necessità di un approccio multidisciplinare per comprendere innanzitutto quanto sta accadendo e tentare poi di trovarne le soluzioni.
Il libro
Angelo Panebianco, Identità e istituzioni. L’individuo, il gruppo, la politica, Il Mulino, Bologna, 2025.
1Q. Camerlengo, Valori e identità: per un rinnovato umanesimo costituzionale, in Consultaonline, 15 giugno 2022.
2Q. Carmelengo, op.cit.
3G. Sartori, Elementi di teoria politica, Il Mulino, Bologna, 1987.
4G. Ferrero, Potere. I Geni invisibili della Città, SugarCo, Milano, 1981.
5P. Birnbaum, Conflitti, in R. Boudon (a cura di), Trattato di sociologia, Il Mulino, Bologna, 1996.
6W. Von Humboldt, Saggio sui limiti dell’attività dello Stato, Giuffrè, Milano, 1965.
7Q. Carmelengo, op.cit.
8F. Crespi, Le identità distruttive e il problema della solidarietà, in L. Leonatini (a cura di), Identità e movimenti sociali in una società planetaria, Guerini, Milano, 2003.
9L.M. Daher, Che cos’è l’identità collettiva? Denotazioni empiriche e/o ipotesi di ipostatizzazione del concetto, in SocietàMutamentoPolitica, Firenze University Press, Firenze, vol. 4, n. 8, 2013.
10A. Giddens, Le conseguenze della modernità. Fiducia e rischio, sicurezza e pericolo, Il Mulino, Bologna, 1994.
Articolo pubblicato su Satisfiction.eu
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