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Irma Loredana Galgano

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“Ancora dodici chilometri. Migranti in fuga sulla rotta alpina” di Maurizio Pagliassotti (Bollati Boringhieri, 2019)

28 giovedì Nov 2019

Posted by Irma Loredana Galgano in Recensioni

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Ancoradodicichilometri, BollatiBoringheri, MaurizioPagliassotti, recensione, saggio

Di migrazione e immigrazione oggi si sente parlare molto e altrettanto se ne legge. Meno di integrazione e troppo poco di emigrazione. Il leitmotiv più ricorrente riguarda la presunta invasione in atto e la conseguente formazione di due fazioni contrapposte. I sostenitori di questa tesi da una parte e gli oppositori dall’altra. Il tutto però spesso tende a rimanere, volutamente si immagina, molto impersonale. I viaggi che diventano rotte e le persone neanche etnie, bensì solamente cifre, numeri di questo esodo che viene indicato come il più epocale nella Storia conosciuta e il più allarmante.
Si può dibattere all’infinito ma, nella gran parte dei casi, gli esponenti delle avverse fazioni non arretrano neanche di un solo passo, restando invece tutti fermi sulle originarie posizioni.

Maurizio Pagliassotti non ha imparato a conoscere la migrazione e l’immigrazione leggendo i giornali o seguendo i servizi televisivi. No, lui ha conosciuto i migranti perché gli sono semplicemente passati accanto, lungo le vie del suo paese, da sempre, da quando ne ha memoria. E bene si ricorda anche la diffidenza delle persone, dei suoi compaesani.
Lui è cresciuto lungo la strada che da Claviere in Italia porta a Briançon in Francia, lungo una delle famigerate rotte percorse dai migranti. Dodici chilometri di sentiero montano che separano i migranti dalla loro destinazione.

Un breve tragitto, rispetto a quello percorso in totale, ma non per questo più agevole o meno complicato. In considerazione anche degli ostacoli interposti dai governi, italiano e soprattutto francese, che cercano con ogni mezzo di rallentarli, scoraggiarli e fermarli.
Ed è proprio a questo punto che si assiste a un grande paradosso, ricordato da Andrea Bajani nella prefazione al libro di Pagliassotti, allorquando egli rammenta che tutti questi giovani migranti passano e vanno perché “è un istinto che nessuno può disinnescare o rispedire al mittente”, spesso senza ringraziare alcuno, e lo fanno semplicemente perché “muovono dall’assunto elementare, di specie, che la terra è di tutti”. Un vero e proprio scandalo per i governi dei Paesi che stanno attraversando e per i cittadini che abitano questi luoghi, uno scandalo che qualcuno potrebbe anche leggere come una provocazione ma che di sicuro è in grado di mettere in crisi un intero sistema.

Ancora dodici chilometri. Migranti in fuga sulla rotta alpina di Maurizio Pagliassotti, uscito in prima edizione a ottobre 2019 con Bollati Boringhieri, è il racconto non di un’invasione ma di un “transito epocale”, un travaso che avviene un po’ per volta, e ogni volta un pezzo di questo mondo, quello lasciato indietro, si sposta verso e dentro un vero e proprio altro mondo, “propagandato – e dunque offerto, per certi versi – come migliore”.
Esemplare la descrizione del libro fatta da Bajani nella prefazione. Coglie infatti quest’ultimo l’essenza vera e profonda della narrazione di Pagliassotti e la sintetizza egregiamente nel “breve” spazio di poche righe.

Pagliassotti ha idee molto chiare, decise, a tratti categoriche sul fenomeno della migrazione. Considerazioni che egli ha maturato negli anni e che hanno poi trovato un loro ordine nella scrittura del libro. Le sue riflessioni spesso non si basano su grandi teorie economiche, politiche o finanziarie, no, si avvicinano piuttosto a un’ottica socio-antropologica. Lo studio della realtà attraverso i propri sensi, la vista e l’udito innanzitutto. Il racconto di emozioni, sentimenti e risentimenti vissuti in prima persona o in una maniera comunque diretta. Accadimenti che se pure non ti hanno coinvolto in prima persona ti hanno comunque attraversato, di traverso appunto, e inevitabilmente ti hanno segnato.

Ha realizzato Pagliassotti che in Italia, ma in tutto questo “sgangherato Occidente”, si avverte un continuo bisogno di scaricare la violenza accumulata e altrimenti repressa sui poveri. Una rabbia terribile generata però dal fatto che non si sta bene. Ed ecco allora che i migranti diventano “il paracetamolo di immense masse alienate”, che vivono vite orrende in luoghi orrendi venduti come interessanti, stimolanti.
Lo scopo del suo libro è togliere la speranza a queste immense masse alienate che, per quanto possano essere arrabbiate, feroci, crudeli non riusciranno comunque a fermare il transito di coloro che fuggono da luoghi, posti, ricordi, eventi… che molti afferenti alla massa non hanno mai visto né conosciuto, per loro fortuna. Il transito dei migranti è un fenomeno epocale che non si può certo fermare con qualche slogan o barriera, fisica o legale. È una vera e propria lotta, pacifica e silenziosa, per la sopravvivenza.

Ancora dodici chilometri di Maurizio Pagliassotti è un libro molto intenso che racconta di piccoli gesti, di poche parole dette o taciute ma che comunque spingono il lettore verso riflessioni profonde su temi importanti, spesso dimenticati o ignorati. Una lettura interessante e per niente scontata.


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LEGGI ANCHE

La questione migranti non può risolversi in mare, lì bisogna solo salvare vite. “Immigrazione. Cambiare tutto” di Stefano Allievi (Editori Laterza, 2018) 

“Tutto quello che non vi hanno mai detto sull’immigrazione” di Stefano Allievi e Giampiero Dalla Zuanna (Editori Laterza, 2016) 

L’occidentalizzazione del mondo non significa che l’Occidente sta diventando il mondo. “Paesaggi migratori” di Iain Chambers (Meltemi, 2018) 

La conoscenza geografica del territorio ancor più necessaria nell’era della globalizzazione: “Limiti” di Alfonso Giordano (Luiss University Press, 2018) 


 

© 2019, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).

Opporsi con fermezza alla biologia come destino. “L’età ingrata” di Francesca Segal (Bollati Boringheri, 2017)

02 giovedì Nov 2017

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BollatiBoringheri, femminismo, FrancescaSegal, Letaingrata, recensione, romanzo

Opporsi con fermezza alla biologia come destino. “L'età ingrata” di Francesca Segal

Esce in prima edizione ad agosto 2017 per Bollati Boringheri L’età ingrata di Francesca Segal, nella versione tradotta dall’inglese da Manuela Faimali. Titolo originale The Awkward Age. E sembra proprio ruotare intorno al concetto di età il libro della Segal. L’età biologica e quella che si vorrebbe avere. Il sentirsi troppo “vecchi” o troppo “immaturi”. Il non essere mai troppo “grandi” per ricominciare e il non sentirsi più “piccoli” anche quando lo si è ancora.

Una famiglia allargata quella che cercano di costruire Julia e James, molto allargata, forse troppo. Con rispettivi figli e compagni, suoceri e consuoceri, ex-mogli, amici, conviventi… che generano un tale caos nella statica vita della donna al punto da farle perdere di vista i suoi reali bisogni. Con un deciso colpo di spugna sembrerà decisa a resettare il tutto e ristabilire la pace con sua figlia Gwen. Ma davvero si può cancellare quello che è stato, ciò che si è vissuto in prima persona e fingere che non sia mai accaduto? Ovvio che la risposta è no ma Julia ha imparato dai propri errori e capito che necessitava prestare «più attenzione. La prossima volta sarebbe stata pronta ad afferrare Gwen prima che cadesse». Perché per lei l’errore più grande commesso, durante la relazione con James, era l’aver anteposto il suo essere persona all’essere genitore, una madre per la cui figlia era il «centro del suo mondo». Se Gwen «prima dava l’impressione di essere forte era perché c’era Julia a sorreggerla».

LEGGI ANCHE – Cosa accade quando non si può più tornare indietro? “L’avvocato G.” di Federica Sgaggio

Un libro, L’età ingrata, che costringe il lettore a un’attenta riflessione sui sentimenti, sui cambiamenti, sull’essere genitore come sull’essere figli. Interessante inoltre il modo in cui l’autrice usa le parole, il registro narrativo e le ambientazioni per riprodurre discorsi, dialoghi e pensieri carpiti nelle loro diverse angolazioni, ovvero dai vari punti di vista, sottolineandone le differenti interpretazioni, conseguenza anche della volontà, manifesta o recondita, di chi ascolta e di chi parla o pensa.

Opporsi con fermezza alla biologia come destino. “L'età ingrata” di Francesca Segal

Julia sceglie la strada del nuovo amore di James per “ritornare” alla vita. Come può quindi criticare sua figlia Gwen per aver scelto la stessa strada per ribellarsi alla non-vita? Si sa che gli adolescenti non riescono a controllare gli istinti e quindi ora tutti gli adulti si sentono in obbligo di salvare Gwen e Nathan da se stessi fingendo di non capire che in realtà a dover essere “salvati” sono proprio loro che hanno permesso alla burrascosa storia d’amore tra due teenager di «trascinare a bordo l’intera famiglia».

Una famiglia non è un qualcosa che si può definire a tavolino. Non nasce spontaneamente per volontà di due persone che all’improvviso si scoprono innamorate. Gli “avanzi” delle famiglie “rotte” in precedenza non si incastrano con altrettanta facilità come il loro desiderio di stare insieme, sotto lo stesso tetto. Perché i figli degli altri non diventano i propri da un giorno all’altro e così Julia e James si convincono «che il figlio dell’altro avesse danneggiato il proprio» e si schierano «automaticamente con la squadra avversaria», finendo per odiarsi pur amandosi ancora.

Opporsi con fermezza alla biologia come destino. “L'età ingrata” di Francesca Segal

Julia deve guidare la giovane Gwen lungo i sentieri intricati dell’adolescenza e verso l’età adulta, matura, lei che viene da tutti considerata fragile e indifesa, incapace di mostrare «alcuna ambizione per il futuro» di sua figlia «oltre a una non meglio specificata “felicità”». E proprio mentre Julia gongola al pensiero di essere riuscita a non insegnare a Gwen che «il valore di una persona si misura dai voti scolastici», come invece aveva fatto James con suo figlio, la nonna di sua figlia sperava invece che si decidesse una volta per tutte a educarla a opporsi alla cultura della «biologia come destino». Adesso le donne possono scegliere il proprio futuro. Adesso le donne, di ogni età, devono scegliere il proprio destino.

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L’età ingrata di Francesca Segal si dimostra una lettura senz’altro interessante con la scrittura a prisma, con tanti angoli e altrettante sfaccettature che corrispondono ai punti di vista dei protagonisti e coinvolgono il lettore in riflessioni e lo spingono a interrogarsi sui temi dell’amore, della felicità, dell’educazione e del rispetto reciproco, delle relazioni e delle convivenze, delle storie finite e di quelle appena cominciate, della vita e delle scelte compiute… a qualunque età.


Per la prima foto, copyright: Priscilla Du Preez.

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