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Irma Loredana Galgano

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Quando basta una spilla per travolgere il destino. “L’uroboro di corallo” di Rosalba Perrotta (Salani, 2017)

18 giovedì Mag 2017

Posted by Irma Loredana Galgano in Recensioni

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EstEuropa, Luroborodicorallo, recensione, romanzo, RosalbaPerrotta, Salani, Sicilia

Quando basta una spilla per travolgere il destino. “L'uroboro di corallo” di Rosalba Perrotta

Nessuno, per quanto lo speri, si aspetta che davvero da un momento all’altro la propria vita venga stravolta da un’inattesa eredità. Eppure è quanto accade alla protagonista de L’uroboro di corallo di Rosalba Perrotta, edito da Salani. Un libro senza dubbio alcuno al femminile e una scrittura “rotonda”, calda e avvolgente. Tutti i personaggi principali del romanzo sono donne ma è l’universo femminile nella sua complessa immensità a essere narrato dall’autrice. Dall’annientamento in cui volutamente si celano alcune donne all’esuberante intraprendenza di altre, dal rigore imposto da alcune culture all’ansia di emancipazione e libertà di altre ancora. Nonché della lotta interiore prima che esteriore di chi si ritrova in bilico tra i due mondi e, pur essendo attratta dall’essere “continentale”, con estrema difficoltà riesce a liberarsi dalle briglie della chiusura “isolana”.

L’eredità di cui si racconta ne L’uroboro di corallo non è di quelle che fanno schizzare alle stelle il conto in banca; è piuttosto paragonabile a un’antica cassapanca, carica di errori e memorie, che prima o poi, volenti o nolenti, bisogna spalancare. Per poter fare i conti con se stessi prima ancora che con il proprio destino. Se poi a questo carico già pesante aggiungiamo un palazzetto da sistemare e ridestinare e un gioiello dal potenziale potere magico, allora la vicenda si complica e si infittisce. È esattamente quel che ha fatto l’autrice, scegliendo di aggiungere carne sul fuoco a ogni passaggio al punto che, in alcuni momenti, il lettore teme si possa bruciare tutto da un momento all’altro.

Anastasia è nata e cresciuta in Sicilia, a Catania. Allevata da una madre fedelissima al rispetto della tradizione e dei ruoli sociali ben distinti di uomo e di donna. Anastasia è nata e cresciuta in Sicilia, a Catania, allevata da una madre fedelissima al rispetto della tradizione e dei ruoli sociali ben distinti di uomo e di donna. Avvezza alla critica spietata di qualsivoglia atteggiamento o dicitura potesse illudere la figlia che fosse possibile vivere, vestire e pensare in maniera diversa da come erano abituate a fare.

Quando basta una spilla per travolgere il destino. “L'uroboro di corallo” di Rosalba Perrotta

Anastasia scopre tardi e in maniera del tutto casuale che le affermazioni di sua madre erano viziate dalla paura del giudizio e del pregiudizio. Il giro di boa può essere indicato nell’incontro con le cugine al momento della spartizione dell’eredità della compagna del nonno, quando per la prima volta Anastasia vede la spilla di corallo a forma di uroboro, quel gioiello che cambierà e stravolgerà la sua esistenza.

Tra personaggi reali e apparizioni immaginarie, racconti di vita e fantasie oniriche o deliranti la Perrotta racconta la storia di Anastasia e dell’intera famiglia Buonincontro, di Catania e della Sicilia; narra la vicenda di Helena Kazalauskiené, fisioterapista di origini lituane trasferitasi sull’isola per seguire il nonno di Anastasia, comune a tante ragazze immigrate dai paesi dell’Est Europa o da altri continenti, le quali se riescono a evitare schiavismo e prostituzione restano per la gran parte vittime della gabbia del pregiudizio. E lo fa con un registro narrativo lento, a tratti ripetitivo, ma utile per rendere più inciso il narrato, come una pennellata ripetuta più volte per rimarcare un colore ben definito. Nel caso del libro della Perrotta sono i sentimenti a essere maggiormente delineati, le delusioni come le speranze, gli sfarfallii dell’amore come i crampi dell’abbandono, la gioia della condivisione e il rancore dell’invidia. Delle donne soprattutto. Gli uomini restano nell’ombra, quasi una sorta di ologrammi necessari ma non rilevanti. E lo stesso può dirsi di Catania e della Sicilia tutta, un fondale che resta per l’intero romanzo un mero sottofondo.

Quando basta una spilla per travolgere il destino. “L'uroboro di corallo” di Rosalba Perrotta

Un libro interessante, L’uroboro di corallo di Rosalba Perrotta che è riuscita a conciliare nella scrittura serietà e ilarità, realtà e fantasia, constatazione e provocazione senza eccessi, evitando al contempo di precipitare nella banalità e portando all’attenzione dei suoi lettori un buon romanzo contemporaneo.

http://www.sulromanzo.it/blog/quando-basta-una-spilla-per-travolgere-il-destino-l-uroboro-di-corallo-di-rosalba-perrotta

© 2017, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).

Prigioni mentali e dittature politiche in “193 gabbie” di Rezart Palluqi (Ensemble, 2016)

22 mercoledì Mar 2017

Posted by Irma Loredana Galgano in Recensioni

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193gabbie, Albania, Ensemble, EstEuropa, Europa, recensione, RezartPalluqi, romanzo

La casa editrice Ensemble pubblica, in prima edizione a dicembre 2016, la versione tradotta in italiano da Iris Hajdari di 193 gabbie (titolo originale 193 kafazet) dello scrittore albanese Rezart Palluqi. Un libro interessante che sembra essere stato scritto per raccontare al mondo intero le emozioni, i sentimenti e i tormenti più intimi e nascosti del protagonista che realmente potrebbe essere chiunque, ovunque.

193 gabbie narra le vicende e le vicissitudini di un ragazzino, Ylli, e della sua famiglia. Presi di mira dal regime dittatoriale di Enver Hoxha assistono impotenti alla cattura del padre e, trattati da pària da vicini e conoscenti, si vedono costretti alla fuga oltre confine. Neanche da adulto e in un paese democratico e libero come l’Olanda Ylli riesce e superare i traumi del passato che ancora lo tormentano da sveglio, come disturbi psichici, e da dormiente, sotto forma di incubi. Depresso e inconsolabile Ylli finisce nel tunnel vorticoso di inganno e mistero ordito da chi promettendogli giustizia tesse la sua vendetta ai danni, ancora una volta, dell’anello più debole. Così Ylli, cercando di ritrovare e onorare i resti del padre, finisce con l’assistere, inerme, alla fine della propria esistenza.

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In realtà leggendo 193 gabbie si comprende fin da subito che non è Ylli il reale protagonista della vicenda bensì la sua mente, che potrebbe appartenere a chiunque. Qualunque persona sia stata costretta a subire le difficoltà e le privazioni che una dittatura, di qualsiasi colore sia la bandiera che l’ha originata, impone a coloro che non intendono piegarsi alle imposizioni di regime. Il lettore infatti inizialmente incontra qualche difficoltà a ben comprendere la struttura del registro narrativo scelto da Palluqi. Alcune elucubrazioni del protagonista appaiono banali e dispersive e chi legge si sente quasi “ingannato” dai ripetuti tentativi di distrarlo dalla vicenda principale del libro. Solo proseguendo con la lettura si riesce a entrare nell’ottica voluta dall’autore e al contempo si capisce che necessita anche allontanarsene perché quanto accaduto a Ylli non è poi così distante o diverso dal dolore di coloro che in tanti ogni giorno sono costretti a lasciare la propria terra per sfuggire alla guerra, alla dittatura, alla miseria…

Nonostante l’impostazione molto “intima” della scrittura Palluqi non dimentica di raccontare quanto accaduto nel suo Paese di origine durante gli anni della dittatura di Enver Hoxha, leader del partito comunista. Liste di proscrizione, arresti, esecuzioni e fosse comuni hanno segnato duramente un popolo e una parte della sua Storia quasi completamente ignorato dal resto del mondo. «I tedeschi hanno dato il grande esempio facendo i conti con i boia della Seconda Guerra Mondiale, mentre noi no» e quando si propaganda la necessità di «aprire i dossier» e fare i conti col passato, «provo un certo disgusto. È come se l’assassino facesse l’autopsia della propria vittima».

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Risultano interessanti le considerazioni sull’attualità e la religione che l’autore affida al protagonista del libro, le quali bene si fondono alle parti di inclinazione più contemplativa e poetica. Un po’ forzati risultano invece a volte i dialoghi, con intercalari poco spontanee e lontane dal linguaggio comune, eccessivamente rimarcate nelle frasi che introducono i vari passaggi. In buona sostanza, pagina dopo pagina, il lettore rimane sempre più affascinato invece dalle parti raccontate in prima persona che rimandano ai pensieri di Ylli.

Nel complesso comunque 193 gabbie di Rezart Palluqi risulta essere un buon libro e una lettura interessante.

Rezart Palluqi: Nato a Elbasan, in Albania, interrompe presto gli studi per migrare in Grecia. Qui inizia a scrivere e pubblicare opere in albanese. Dopo il trasferimento nei Paesi Bassi inizia a scrivere anche in olandese. È autore di tre romanzi, numerosi racconti, saggi e testi poetici pubblicati in diverse lingue.

Source: Si ringrazia l’Ufficio Stampa delle edizioni Ensemble per la disponibilità e il materiale

© 2017, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).

“La cortina di ferro” di Anne Applebaum, un viaggio nel tempo per incontrare l’ex Impero sovietico

05 venerdì Ago 2016

Posted by Irma Loredana Galgano in Recensioni

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AnneApplebaum, EstEuropa, Europa, Germania, ImperoSovietico, Lacortinadiferro, Mondadori, recensione, saggio, USA

 

“La cortina di ferro” di Anne Applebaum, un viaggio nel tempo per incontrare l'ex Impero sovietico

È uscito in Italia lo scorso maggio per Mondadori il saggio di Anne Applebaum La cortina di ferro, nella versione tradotta da Massimo Parizzi. Un libro che conduce il lettore negli anni dell’ex Impero sovietico, della Germania divisa tra occidente e “anti-occidente”, quando il Muro di Berlino fu eretto. Il 1961, una data che ha segnato un grande cambiamento.

La Applebaum paragona più volte il regime sovietico a quello nazista. I numerosi punti in comune tra il “tallone sovietico” e quello nazifascista la inducono a ritenere che sconfitto il secondo sia subentrato il primo che però prontamente venne isolato e nascosto al mondo intero dietro una “cortina di ferro” che va considerata tale ben oltre il senso metaforico.

Se da una parte le origini ebraiche della Applebaum sembrano non tanto influenzare quanto indirizzare le sue indagini verso una ricerca storica che avvalori le sue convinzioni, dall’altro tutto ciò lo fa con una tale dovizia di particolari e con un coinvolgimento tale che anche il lettore più scettico o più in contraddizione con le sue idee non può non restarne affascinato. Si tratta naturalmente di un interesse storico, se così lo si vuol definire. Quando si analizzano fatti, eventi accaduti in passato è sempre meglio quantomeno cercare di conoscere e analizzare più interpretazioni possibili, poi viene da sé che ognuno resta libero di pensarla come giusto ritiene. Nel libro della Applebaum l’analisi del dualismo tra capitalismo/consumismo e comunismo/anticonsumismo si somma a quella sulla “pulizia etnica” compiuta dalle autorità sovietiche ai danni di tedeschi, polacchi, ucraini, ungheresi paragonandola più volte a quella compiuta dal regime nazista contro il popolo ebreo. In realtà, quando si parla di genocidi e massacri, sono tanti i casi che possono essere citati come esempio, purtroppo.

“La cortina di ferro” di Anne Applebaum, un viaggio nel tempo per incontrare l'ex Impero sovietico

In La cortina di ferro Anne Applebaum analizza nei minimi dettagli quella che definisce un’opera di “disarticolazione della classe politica e della società civile” compiuta nella Germania orientale in Iugoslavia, Albania, Romania, Ungheria, Polonia, Bulgaria, Cecoslovacchia per agevolare il “processo di stalinizzazione”. Operazione che fu resa possibile grazie anche all’implacabile “lavoro” svolto dalla polizia segreta il cui compito precipuo era individuare e soffocare ogni forma di opposizione o dissenso.

Agli inizi degli anni Cinquanta il culto di Stalin era dilagante, il suo stesso nome era venerato in URSS come “simbolo della vittoria del consumismo”, l’Europa dell’Est venne letteralmente e materialmente separata dall’Occidente da muri, recinzioni e filo spinato. L’idea comune era che il Muro di Berlino dovesse restare per sempre.

I metodi impiegati per ottenere il “consenso” purtroppo sono più o meno sempre gli stessi di tutti i regimi: violenza, controllo delle informazioni, pulizia etnica. Le autorità sovietiche, in collaborazione con i partiti comunisti locali, espellevano da città e paesi tutti i tedeschi, polacchi, ucraini, ungheresi… e li portavano, a bordo di camion o treni, in campi profughi lontani centinaia di chilometri. Complici di tutto ciò furono, almeno inizialmente e in qualche misura Stati Uniti e Gran Bretagna. La pulizia etnica a danno dei tedeschi, secondo quanto riportato dall’autrice, sarebbe stata sancita dal Trattato di Potsdam.

Il primo ad adottare con entusiasmo il termine “totalitarismo” fu Benito Mussolini, dandone anche, come ricorda la Applebaum nel testo, la migliore definizione mai coniata: «Tutto nello Stato, niente fuori dallo Stato, nulla contro lo Stato».

“La cortina di ferro” di Anne Applebaum, un viaggio nel tempo per incontrare l'ex Impero sovietico

Per l’autrice l’idea stessa di “controllo totale” voluta dal totalitarismo oggi può sembrare addirittura grottesca, ma per capire la storia del XX secolo bisogna indagare per comprendere come, dove e perché il totalitarismo ha funzionato, sia in teoria che in pratica.

Il saggio della Applebaum anche se si rivela fin da subito una lettura impegnativa, per la mole del testo e per il suo contenuto, non fa mai pentire il lettore della sua scelta di proseguire. Un libro, La cortina di ferro, che crea una “breccia” nel Muro di Berlino quando ancora non si immaginava neanche potesse essere un giorno abbattuto, che aiuta a meglio conoscere e forse comprendere le dinamiche interne e le conseguenze dei totalitarismi del XX secolo che hanno condizionato e a volte determinato i destini di numerosi popoli europei.

http://www.sulromanzo.it/blog/la-cortina-di-ferro-di-anne-applebaum-un-viaggio-nel-tempo-per-incontrare-l-ex-impero-sovietico

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