• Bio
  • Contatti
  • Curriculum

Irma Loredana Galgano

Irma Loredana Galgano

Archivi tag: NewtonCompton

“Delitto sull’isola di ghiaccio” di Eeva Louko

13 mercoledì Set 2023

Posted by Irma Loredana Galgano in Recensioni

≈ Lascia un commento

Tag

Delittosullisoladighiaccio, EevaLouko, NewtonCompton, recensione, romanzo

Cosa può mai accadere di brutto sull’isola della felicità? Perché è in questo modo che tutti conoscono la piccola isola di Lauttasaaari, a pochi chilometri dal centro di Helsinki. Un’isola, una città e una nazione – la Finlandia – pressoché perfette sotto molti aspetti. Eppure Eeva Louko immagina una storia nella quale i tormenti della giovane protagonista la spingono a fuggire da quei posti, lontano, per ricominciare una nuova vita. Vi farà ritorno, Ronja, perché l’isola della felicità le ha portato via il padre, uccidendolo. Beh non proprio l’isola ma quello che vi accade e rimane nascosto.

Indagando a fondo su quanto accaduto, nel tentativo di far luce sugli eventi che hanno portato alla morte del padre, Ronja scopre un mondo sommerso, un uomo completamente diverso da quello che sapeva o immaginava essere suo padre, e tanti segreti e bugie in una piccola e isolata comunità. Ed è proprio su questo grande isolamento che il lettore viene invogliato, più volte, a riflettere. Sulla vita delle persone che vivono queste piccole realtà lontane dal resto del mondo, isolate per lunghi periodi, costrette, in un certo qual modo, a vivere insieme e condividere tutto. Anche i segreti. Che diventano di tutti per restare di nessuno. 

Si è trattato di vendetta, regolamento di conti o di un brutale omicidio a sangue freddo? Ronja indaga sempre con maggiore foga nella speranza che, svelando il mistero, scopra anche chi fosse stato in realtà suo padre. E, soprattutto, che legame o ruolo avesse avuto nella scomparsa di due bambini dalla spiaggia di Kasinonranta nel 1975. 

Perché la madre di quei bambini vuole far del male a lei? Che rapporti aveva con suo padre?

Domande che diventano veri e propri tormenti per la protagonista del libro costretta anche a fare i conti con un passato che credeva dimenticato, che pensava di aver superato con la sua nuova vita a Londra. 

Indagando sull’omicidio di suo padre, Ronja si ritrova più volte a indagare se stessa, realizzando di non essere mai stata la figlia perfetta che sempre aveva creduto essere e così, non senza tribolazioni, la ricerca della verità diventa anche una forma di redenzione personale. Di riscatto dai propri sensi di colpa. 

Delitto sull’isola di ghiaccio è il romanzo d’esordio di Eeva Louko ma, per certo, ella dimostra di conoscere a fondo il mondo della comunicazione e del “male”. La storia è costruita e narrata in ogni dettaglio con una capacità di scrittura che rendono notevole la lettura di questo libro. Una concatenazione di eventi nella quale ogni singolo momento trova la sua casella a formare il mosaico perfetto regalando al lettore suspence e intrattenimento. Un viaggio nella fantasia degli eventi ma sempre con i piedi ancorati al territorio di cui sembra quasi poter godere di odori e sapori. Svelando i misteri della storia che si è inventata l’autrice regala al lettore anche spaccati di vita reali dei luoghi narrati.


Il libro

Eeva Louko,  Delitto sull’isola di ghiaccio, Newton Compton Editori, Roma, 2023. Traduzione di Paola Brigaglia.

L’autrice

Eeva Louko: reporter esperta di comunicazione, specializzata nelle storie crime e horror.


Articolo pubblicato su Leggere:Tutti


Source: Si ringrazia l’Ufficio Stampa di Newton Compton Editori per la disponibilità e il materiale.

Disclosure: Per le immagini, tranne la copertina del libro, credits www.pixabay.com


LEGGI ANCHE

“Trappola mentale” di Maria Teresa Casella

Jo Nesbo “Polizia” (Einaudi, 2014)

“Ora sei mia” di Hans Koppel

“Sbirri e culicaldi” di Stefano Talone (Ensemble, 2020)


© 2023, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).

“Miti e leggende dell’antica Grecia” di Rosa Agizza

06 giovedì Lug 2023

Posted by Irma Loredana Galgano in Recensioni

≈ Lascia un commento

Tag

MitieleggendedellanticaGrecia, NewtonCompton, recensione, RosaAgizza, saggio

I miti in generale ma quelli dell’antica Grecia in particolare rappresentano un mare vastissimo di trame, frutto di stratificazioni e aggiustamenti avvenuti nel corso dei secoli. Le vicende di eroi, maghe, mostri leggendari e dèi capricciosi sono archetipi che risuonano nel nostro immaginario anche quando non ce ne rendiamo conto. Perché, ricorda Agizza, i motivi che ricorrono nel mito ritornano nel nostro quotidiano ben più di quello che potremmo pensare. 

Nei millenni è avvenuto che un universo mitologico ascrivibile a un orizzonte culturale che andava dall’India all’Iran, al mondo medioasiatico, al mondo germanico e celtico antico, fino ai limiti dell’antica Grecia, dell’Italia e dell’Africa settentrionale, resta attuale e riconoscibile soltanto per i segnali mitologici greci e, evidentemente, per quelli latini e romani. 

È possibile individuare, allo stato attuale, livelli di rilettura diversa del medesimo strato mitologico originario: ellenistico, medievale, arabo, moderno e contemporaneo. In Miti e leggende dell’antica Grecia, Rosa Agizza ha tentato di ricostruire, con uno sforzo davvero notevole di aderenza ai testi originari, un mondo di autenticità mitologica che, nelle ipotesi avanzate, continua ad appartenere all’immaginario, anche linguistico, della nostra attuale cultura. 

Fin dalle prime pagine, anzi addirittura le prime righe, il lettore viene letteralmente catapultato in un mondo davvero mitologico. Riesce l’autrice a rappresentare temi con una struttura così notoriamente complessa, in modo non semplice ma interessante, avvincente e coinvolgente. Così in chi legge si sviluppa quella necessaria curiosità che lo spinge ad andare avanti nella lettura anche quando si imbatte, inevitabilmente per la tipologia di libro, in ostacoli rappresentati da tecnicismi o apparenti ripetizioni, che sarebbe meglio chiamare precisazioni, necessarie proprio perché funzionali allo scopo del testo. 

Ciò che senz’altro traspare fin dalla stessa introduzione è la grande passione dell’autrice la quale, unita alla notevole conoscenza della materia, rendono la lettura un’esperienza davvero interessante. Moltissime sono le informazioni che catturano l’attenzione del lettore, perché sembrano uno stravolgimento del sapere comune ma, ben presto, si realizza che sono le dovute precisazioni a un sapere mal interpretato o pluri-interpretato, adattato e modificato in base a pregiudizi o fraintendimenti. 

Paradossalmente si può anche scegliere di restare fedeli alla proprie conoscenze e di considerarle le corrette interpretazioni e trasmissioni della mitologia ma ciò egualmente non toglierebbe meriti al libro di Rosa Agizzi e alle sue ricerche, perché condotte con metodo e con correttezza professionale.

Il libro

Rosa Agizza, Miti e leggende dell’antica Grecia. La storia mitologica della cultura greca dagli dei dell’Olimpo agli eroi e ai mostri dei poemi omerici, Newton Compton Editori, Roma, 2023.

L’autrice

Rosa Agizza: laureata in lingue presso l’Istituto Universitario Orientale di Napoli, ha condotto lavori sul campo in materia storico-tradizionale e collabora con riviste specializzate. 

Articolo pubblicato su Leggere:Tutti


Source: Si ringrazia l’Ufficio Stampa di Newton Compton Editori per la disponibilità e il materiale.

Disclosure: Per le immagini, tranne la copertina del libro, credits www.pixabay.com


LEGGI ANCHE

Trasformare un ambiente magico in opera d’arte. “Napoli velata e sconosciuta” di Maurizio Ponticello (Newton Compton Editori, 2018)

Un viaggio nella Letteratura tra miti e leggende in “Morfisa o l’acqua che dorme” di Antonella Cilento (Mondadori, 2018)


© 2023, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).

Tutte le storie e i segreti del Medioevo raccontati da Delfina Ducci

26 lunedì Giu 2023

Posted by Irma Loredana Galgano in Recensioni

≈ Lascia un commento

Tag

DelfinaDucci, IlMedioevogiornopergiorno, NewtonCompton, recensione, romanzo

Il Medioevo comprende svariati secoli. Si tratta di un’epoca lunghissima caratterizzata da avvenimenti i quali, spesso, hanno cambiato il corso della storia. Di esso ci si ricorda più delle immagini stereotipate piuttosto che delle grandi evoluzioni e dei cambiamenti avuti. Delfina Ducci ha deciso di raccontare il Medioevo dall’interno, dal punto di vista delle persone “comuni” che non vengono citate nei libri di storia, se non per grandi categorie, ma che c’erano e, in qualche modo, hanno contribuito allo svolgersi e al cambiamento della storia. Oppure ne hanno dovuto subire le conseguenze. 

Guardare da vicino la vita di agricoltori, mercanti, soldati e sacerdoti può essere un modo per conoscere meglio la cosiddetta «epoca di mezzo», per avere un punto di vista privilegiato sugli aspetti concreti che scandivano la realtà dei medievali. Uomini e donne alle prese con la loro condizione sociale, con i costumi dell’epoca, gli alimenti, le usanze, gli amori e la sofferenza, gli sforzi per fare della loro esistenza qualcosa da conquistare anche attraverso le armi, il duro lavoro o l’intelletto. 

Lo scopo dell’autrice è quello di comprendere abitudini, usi e mentalità di un’epoca che ella considera profondamente diversa da quella attuale. Un’epoca lunga che ha segnato indelebilmente il cammino della stessa evoluzione umana. Basti pensare alle numerose Guerre Sante e alle attuali guerre religiose. Un’epoca diversa certo, ma che può sempre aiutare a comprendere le attuali evoluzioni di società più o meno evolute rispetto ad allora. 

Delfina Ducci ha scelto uno stile narrativo insolito per un libro del genere. Il narrato si presenta al lettore quasi come un romanzo, seguendo quindi gli eventi e gli sviluppi di personaggi da lei voluti, raccontando i quali l’autrice racconta il Medioevo. Ma la storia narrata non è mero frutto di fantasia, piuttosto il risultato di un lavoro approfondito di ricerca e analisi. La presenza di personaggi di sua invenzione ha per certo aiutato l’autrice nell’indirizzare il narrato verso potenziali riflessioni che mettano in relazione il passato con il presente, creando analogie e similitudini o, per contro, evidenziando tratti distintivi dell’una o dell’altra epoca. 

Dietro tanta presenza dell’autrice, il rischio è che la storicità del narrato venga in qualche modo compromessa, sfumando anch’essa nell’immaginario. I riferimenti costanti alle fonti documentali sono un aiuto concreto affinché ciò non avvenga. 

Il libro

Delfina Ducci, Il Medioevo giorno per giorno. Storie e segreti per conoscere da vicino la vita di agricoltori, mercanti, soldati e sacerdoti della cosiddetta «epoca di mezzo», Newton Compton Editori, Roma, 2023.

L’autrice

Delfina Ducci: ricercatrice e autrice di saggi di carattere storico e artistico. Impegnata in attività giornalistiche e incontri di studio sull’universo femminile.

Articolo pubblicato su Leggere:Tutti


Source: Si ringrazia l’Ufficio Stampa di NewtonCompton Editori per la disponibilità e il materiale.

Disclosure: Per le immagini, tranne la copertina del libro, credits www.pixabay.com


LEGGI ANCHE

La voce delle donne per sconfiggere la misoginia: “Donne medievali” di Chiara Frugoni

Superare le diseguaglianze di genere è anche una responsabilità intellettuale: “Disuguaglianze di genere nelle economie in via di sviluppo” di Bina Agarwal

Rolandina, la transgender condannata al rogo. Intervista a Marco Salvador

“Il Califfato non è una falsificazione dell’Islam” Intervista a Domenico Quirico


© 2023, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).

“Tokyo a mezzanotte” di Mia Another

15 sabato Apr 2023

Posted by Irma Loredana Galgano in Recensioni

≈ Lascia un commento

Tag

MiaAnother, NewtonCompton, recensione, romanzo, Tokyoamezzanotte

Emilio Salgari è forse più di tutti lo scrittore che ha incarnato la forza e la potenza della fantasia quando incontra la penna e la carta. I viaggi che non si possono fare fisicamente diventano la materia prima da plasmare con le parole, i desideri, le emozioni, le sensazioni, le idee. E così anche un “viaggio virtuale” può diventare reale, a almeno sembrarlo. 

Ora, non si sa se Mia Another sia fisicamente mai andata in Giappone, ma per certo la sua fantasia e la sua scrittura trasmettono egualmente tutta la forza e la potenza che a un buon libro viene richiesto. Racconta la storia dei suoi protagonisti l’autrice ma, soprattutto, conduce il lettore in un viaggio in Giappone, una terra tutt’ora esotica e affascinante che sembra essere raccontata da una persona che lì davvero ci ha vissuto. 

Tokyo a mezzanotte si apre al lettore con una sgradevole vicenda che ha visto coinvolta la protagonista. Una situazione destabilizzante, acutizzata dal trasferimento in una nuova terra, diversa e complessa. Una terra da scoprire, riscoprire e amare, come la stessa vita dopo un brutto colpo, allorquando ti accorgi che, nonostante tutto, non tutto è perduto e vale sempre la pena ricominciare. 

La storia è raccontata in prima persona alternando le voci dei due protagonisti principali, con uno stile narrativo molto attento, curato in ogni dettaglio. Riesce l’autrice a coinvolgere il lettore fin dalle prime battute e per certo gli appassionati del genere non resteranno delusi anche dalla prorompente sensualità della narrazione. 

Il dualismo presente nella vita della protagonista e il fatto che, letteralmente ella debba “farsi” in due per guadagnare il più possibile, si ritrova anche nel racconto di una città, Tokyo, duale: fredda e stretta da rigide regole anche comportamentali quella diurna, scottante e misteriosa quella notturna. 

L’immagine che Hailey si era creata del Giappone, grazie anche ai racconti fantasiosi del fratello che lì si era trasferito e, a suo dire, si era realizzato professionalmente e umanamente, impattano non poco con la realtà nella quale la ragazza si ritrova a vivere, soprattutto nella fase iniziale. 

Senza lasciarsi troppo tentare da immagini stereotipate e pregiudizi netti, l’autrice racconta di un Giappone vero, di un Paese alle prese con i tanti problemi e difficoltà della vita quotidiana, né più né meno di tutti gli altri Stati del mondo. A tratti potrebbe quasi sembrare che l’autrice manifesti un marcato giudizio filo-americano ma, in realtà, il tutto sembra essere funzionale alla storia raccontata, ricordando, tra l’altro, che la protagonista è americana di origine. 

C’è un ulteriore aspetto del libro che merita qualche considerazione. La protagonista è una ragazza giovane sempre alle prese con lo smartphone, con le app e con i social e sembra essere convinta che questo le basti per conoscere il mondo e, soprattutto, Tokyo. Naturalmente una volta atterrata in questa nuova città tutto le appare molto diverso, complesso e caotico. Troverà la sua guida ma, per la gran parte della narrazione, non sembrerà la scelta migliore. Il punto di congiunzione tra lei e la sua “guida” sembrerà essere la determinazione che entrambi hanno nel non volersi arrendere e nel voler andare avanti a ogni costo. Come il tempo che non si può mai fermare. Come i giorni che passano inesorabili. Anche se il loro punto di incontro sembra labile e inafferrabile come quell’attimo, a mezzanotte, che unisce e al contempo divide due giorni consecutivi. 

È un libro interessante, Tokyo a mezzanotte di Mia Another, non tanto e non solo per la trama in sé quanto per le sfumature che l’autrice riesce a dare a singoli eventi e al carattere dei protagonisti, come dei personaggi in generale, ben ideati e che rappresentano forse la vera forza del romanzo. 


Il libro

Mia Another, Tokyo a mezzanotte, Newton Compton editori, Roma, 2021. Realizzazione a cura di Caratteri Speciali, Roma. 

L’autrice

Mia Another: pseudonimo di una scrittrice che vive nel modenese. Dopo aver lavorato in un web magazine a tema hi-tech, ha iniziato la sua avventura nel self-publishing.


Articolo pubblicato su OublietteMagazine


Source: Si ringrazia l’Ufficio Stampa di NewtonCompton Editori per la disponibilità e il materiale.

Disclosure: Per le immagini, tranne la copertina del libro, credits www.pixabay.com



LEGGI ANCHE

Consolazione per gli Spiriti: Fantasmi dello Tsunami

Il racconto delle occasioni di vita perdute in “Manuale di fisica e buone maniere” di Daniele Germani (D&M, 2016)


© 2023, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).

Trasformare un ambiente magico in opera d’arte. “Napoli velata e sconosciuta” di Maurizio Ponticello (Newton Compton Editori, 2018)

13 lunedì Apr 2020

Posted by Irma Loredana Galgano in Recensioni

≈ Lascia un commento

Tag

MaurizioPonticello, Napoli, Napolivelataesconosciuta, NewtonCompton, recensione, RinnovamentoCulturaleItaliano

 

Uno dei meriti che vanno senz’altro riconosciuti ai fratelli Carracci, in particolare Annibale, è l’aver trasformato la vita quotidiana in opera d’arte. Celeberrimo ed esemplare il suo dipinto Bottega del Macellaio (o Grande Macelleria, 1585 ca., olio su tela, 190×271, Oxford, Christ Church Gallery).
Perché sono solamente la vita vera, l’ambiente reale che ci circonda, le persone che lo vivono, lo attraversano, lo modificano, consapevolmente o meno, il capolavoro di cui alla fin fine vale sempre la pena narrare.
Bene lo ha compreso Maurizio Ponticello, il quale da anni ormai indaga a fondo ogni remoto angolo o mistero della sua città, del suo ambiente, per svelarne aspetti reconditi o mal interpretati. Una passione la sua che non smette di meravigliare il lettore, per quello che trova leggendo certo, ma anche per l’impegno e la dedizione, la professionalità e la serietà con cui porta a termine i suoi lavori.
Da ottobre 2018 nuovamente in libreria con Napoli velata e sconosciuta, edito da Newton Compton, un libro sui luoghi e simboli dei misteri, degli dèi, dei miti, dei riti, delle feste. Napoli, la città forse più raccontata al mondo, la metropoli di cui si pensa di conoscere architettura e cultura. Eppure, ogni volta, leggendo i testi di Ponticello si resta basiti dal cumulo di pregiudizi, preconcetti e luoghi comuni che l’autore ha dovuto “spalare” prima di poter raccontare di quella meravigliosa opera d’arte diffusa che è la capitale partenopea.

«Napoli non è stratificata solamente nel proprio impianto urbanistico, anche per arrivarle al cuore occorre andare di strato in strato, sempre più a fondo. Il suo nucleo vibrante è celato, e tale resta agli occhi indiscreti che hanno per la fonte di Mnemòsine. Napoli non giungerà nuda alla meta. Né mai ci sarà una meta.»

Napoli velata e sconosciuta si compone di due parti ben distinte. La prima affronta il mito della fondazione, i caratteri nascosti della Sirena eponima, e «la cifra sacra su cui nacque la città nuova»; la seconda è centrata sull’analisi di «alcuni dettagli presi a modello» per esplorarli secondo «il principio esoterico delle considerazioni da dentro e le considerazioni da fuori». Durante la lettura però le due parti non così distinte e il lettore ha l’impressione di leggere un flusso continuo di informazioni, aneddoti, miti, leggende, storie che abbracciano il sacro e il profano, la leggenda e la tradizione, il passato e il presente. Con lo sguardo rivolto anche verso il futuro.
Il criterio di indagine seguito da Ponticello è quello che lui stesso definisce “Metodo Tradizionale”, che muove dalle fonti originarie disponibili, mette insieme mito e storia e privilegia il linguaggio arcano del simbolo e della mitologia per interpretare la storia.
Pian piano che la velatura su Napoli e i suoi tanti misteri si solleva, grazie al certosino impegno di Ponticello, il lettore non può fare a meno di chiedersi se siano i napoletani ad abitare la città o se sia quest’ultima a vivere dentro di loro.
Napoli è poliedrica e l’analisi dell’autore non poteva non spaziare dall’antropologia alla storia, dalla letteratura alla filologia, dalla glottologia alle religioni, dalla sociologia all’etnologia. Un lavoro di ricerca immenso che a tratti potrà anche sembrare ostico alla lettura ma è senza dubbio motivato, ben strutturato e valido.

Dodici anni dopo la sua prima pubblicazione, Napoli velata e sconosciuta appare incredibilmente un libro ancora rivoluzionario nel suo genere, come lo definì, nell’introduzione al primo libro, Stefano Arcella. Incredibile appare anche il fatto che si sia resa necessaria la nuova edizione come tentativo di arginare, di nuovo, la diffusione di scritti imprecisi e «interpretazioni fuori luogo», la maggior parte delle volte dettate da «interessi di cupole e parrocchie».
Con un linguaggio ancor più diretto e provocatorio, Ponticello riporta quindi sugli scaffali l’opera prima, riveduta e ricontrollata, il suo baluardo contro il pregiudizio, l’imprecisione e il plagio.
Un’opera letteraria che si rivela fuor di dubbio valida, nella struttura come nei contenuti.


Articolo originale qui


LEGGI ANCHE

Misteri segreti storie insolite e tesori di un grande mito partenopeo: “Un giorno a Napoli con San Gennaro” di Maurizio Ponticello (Newton Compton, 2016) 

“Il giro di Napoli in 501 luoghi”. Intervista a Maurizio Ponticello 

Napoli, stereotipi addio. Forse non tutti sanno che… 

Forse non tutti sanno che a Firenze… 

Venezia e le grandi navi, l’inesorabile distruzione di una città. Intervista a Roberto Ferrucci 


 

© 2020, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).

Recensione a “Il giallo Pasolini. Il romanzo di un delitto italiano” di Massimo Lugli (Newton Compton, 2019)

03 venerdì Apr 2020

Posted by Irma Loredana Galgano in Recensioni

≈ Lascia un commento

Tag

IlgialloPasolini, MassimoLugli, NewtonCompton, recensione, romanzo

La mattina del 2 novembre 1975 il corpo senza vita di Pier Paolo Pasolini viene rinvenuto in un campo incolto in via dell’idroscalo, lungo il litorale romano di Ostia. Sull’atroce delitto non è mai stata fatta veramente luce. Ombre e misteri ancora oscurano la verità, anche dopo così tanti anni.

Nel 2005, a distanza di trent’anni dall’omicidio, l’imputato al processo svoltosi tra il 1975 e il 1976, Pino Pelosi, dichiaratosi in prima istanza colpevole del reato, durante la partecipazione alla trasmissione televisiva Ombre sul giallocondotta da Franca Leosini, ritratta la sua versione e afferma di non essere lui il vero colpevole bensì altre persone di cui non conosceva la reale identità ma che lo avevano minacciato qualora non si fosse addossato la colpa. In seguito alle sue dichiarazioni il processo non fu riaperto ma il mistero è tutt’altro che concluso.

Un tragico evento che ha scosso gli animi dell’intera comunità letteraria del Novecento italiano e quella di numerosi cittadini di allora e di oggi, soprattutto in virtù delle considerazioni che scaturiscono ovvie pensando alla “scomodità” dei temi che Pasolini trattava nei suoi articoli di giornale, alla “delicatezza” degli argomenti sui quali indagava…

Un tragico evento che, per certo, deve aver scosso anche Massimo Lugli, cronista di nera per La Repubblica per quarant’anni. Molto deve essersi documentato Lugli sui fatti del ’75. Indagini, analisi, considerazioni, che gli sono rimaste in testa per anni. Informazioni che ha metabolizzato. Su cui ha riflettuto. Che sono poi diventate l’anello centrale dell’impalcatura intorno alla quale ha scritto il suo romanzo Il giallo Pasolini. Il romanzo di un delitto italiano. Un libro il cui protagonista sembra essere l’alter ego dello stesso autore, basta immaginarlo alle prime battute lavorative quaranta anni fa.

Tranne alcuni sparuti passaggi, Lugli sembra aver completamente abbandonato la scrittura “tecnica” del giornalista e, nel romanzo, utilizza un registro narrativo che sembra rifarsi molto più al parlato locale, alla Roma con i suoi sobborghi dove la storia è per intero ambientata. Uno stile narrativo molto diretto, a tratti spietato, in alcuni paragrafi molto cruento… in sintesi uno stile che si adatta molto bene ai contenuti della vicenda narrata.

Marco Corvino, protagonista del libro, indaga sull’omicidio di Pier Paolo Pasolini lasciando credere a tutti quelli con cui viene in contatto di essere incaricato dal giornale per il quale lavora. Una menzogna che lo mette in pericolo quasi quanto il rischio che corre per essersi esposto sulla strada. Troppe domande si tramutano in breve tempo in rischio molto alto.

Raccontando del delitto Pasolini, Lugli offre al lettore uno spaccato della Roma e dell’Italia tutta degli anni Settanta, con la delinquenza di strada e le bande, i movimenti studenteschi, l’estremismo rosso e nero, il femminismo e l’esplosione di una società tutta in continua evoluzione, cambiamento.

Un romanzo, Il giallo Pasolini di Massimo Lugli, che mostra al lettore del nuovo millennio quanto distanti sembriamo essere da quei tempi e quanto in realtà ne siamo vicini, legati da un filo invisibile che unisce passato e presente. Una lotta continua dalla cui evoluzione deriverà il futuro.

I personaggi del romanzo sono tutti ben caratterizzati, raccolti dal volgo di una Roma tanto aristocratica quanto popolare, allora come oggi. Dai delinquenti di borgata ai poliziotti coriacei, dai colleghi giornalisti, trai i quali si notano figure che rimandano a nomi molto noti del panorama giornalistici italiano della seconda metà del Novecento e degli inizi del nuovo millennio, al “saggio” maestro di karate. Personaggi tutti che si alternano e si mescolano su quel simbolico palcoscenico che sono i capitoli del libro di Lugli, dando così vita e risalto a un teatro di luci e di ombre, di speranze e delusioni, gioie e dolori… nient’altro che lo spettacolo della vita.

Massimo Lugli, Il giallo Pasolini. Il romanzo di un delitto italiano

Newton Compton Editori, prima edizione ottobre 2019

Pagine 336

Rilegato 8.42 euro

Epub 4.99 euro


Articolo originale qui


Source: Si ringrazia l’Ufficio Stampa della Newton Compton Editori per la disponibilità e il materiale


LEGGI ANCHE

“Pecorelli deve morire” di Valter Biscotti (Baldini+Castoldi, 2019) 

La vera lotta alla mafia passa anche attraverso una memoria storica che racconti la verità. “Le Trattative” di Antonio Ingroia e Pietro Orsatti (Imprimatur, 2018) 

“Il caso non è chiuso. La verità sull’omicidio Siani”. Intervista a Roberto Paolo 

“Ammazzati l’onorevole”. L’omicidio di Francesco Fortugno dieci anni dopo. La nostra mala-Italia. Intervista a Enrico Fierro 


 

© 2020, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).

Strategie politico-militari e servizi segreti del secondo conflitto mondiale nell’analisi di Giovanni Cecini e Robert Hutton

13 lunedì Gen 2020

Posted by Irma Loredana Galgano in Recensioni

≈ Lascia un commento

Tag

GiovanniCecini, Lincredibilestoriadellasecondaguerramondiale, Luomochefeceperderelaguerraainazisti, MaledettaGuerra, NewtonCompton, recensione, RobertHutton, saggio

Analisi dei testi L’incredibile storia della seconda guerra mondiale di Giovanni Cecini e L’uomo che fece perdere la guerra ai nazisti di Robert Hutton (Newton Compton Editori, Roma, 2019)

Una guerra, per quanto nefasta e criticabile, ha per sua natura una fine, connaturata nell’esaurimento delle possibilità di vittoria.
Cosa caratterizza allora la seconda guerra mondiale?
La Germania e in parte anche il Giappone proseguirono il conflitto al mero scopo di distruggere l’umanità insieme a loro. Ecco spiegato, per Cecini, il motivo per cui questo fu un qualcosa al di sopra del conflitto militare, essendo un momento esistenziale della storia dell’umanità.

Il ricorso all’ideologia esasperata, più che la violenza in se stessa, fu la vera discriminante nel ritenere il Tripartito condannabile dall’intera umanità, ancor prima della sconfitta in campo.
I “genocidi industriali” del Reich e l’apocalisse infernale delle due bombe atomiche sul Giappone hanno messo negli anni a seguire in profonda crisi morale il senso etico dell’esistenza dell’uomo.
Si parla spesso del dramma provocato dai bombardamenti a tappeto e si ignorano invece i “frequentissimi casi di cannibalismo tra la popolazione civile” come tra le stesse truppe combattenti. Si citano, anche a sproposito, le cosiddette “marocchinate” ma si tende a minimizzare come lo “stupro fosse un autentico mezzo bellico in tutti gli eserciti, nel Tripartito come tra gli Alleati”.

Esempi che da soli basterebbero a rendere l’idea di quanto devastante sia stato il secondo conflitto mondiale. Eppure, come accaduto e accade per ogni grande evento storico, si sceglie a tavolino cosa tramandare. Tutto il resto deve finire nel dimenticatoio. E così sarebbe se non ci fossero studiosi come Cecini.
Tutti i conflitti bellici in realtà, siano essi mondiali e non, andrebbero analizzati come ha fatto Giovanni Cecini e magari anche in questo modo somministrati agli studenti, soprattutto quelli dei gradi superiori. Sicuramente risulterebbe loro più utile, interessante e stimolante studiarli. Piuttosto che nella classica versione cronologica, inaridita da nomi, luoghi e date.
Potrebbe risultare essere un modo migliore per comprendere gli accadimenti, le motivazioni, gli errori e le conseguenze. Diventando anche uno stimolo per moniti futuri.

L’incredibile storia della seconda guerra mondiale di Giovanni Cecini è un libro metalogico, all’interno del quale il conflitto bellico non è semplicemente raccontato, bensì prima scomposto per essere poi ricomposto, sebbene su piani di analisi differenti. L’autore utilizza la metafora dello specchio frantumato, avendo egli avuto cura di raccontare quel che si vedeva nei singoli frammenti, diversi tra loro per forma e dimensione. Un libro costruito quindi sulla riflessione che invita per certo a riconsiderare il solido mainstream venutosi a creare, guardandosi bene però dall’incitare allo scandalo o alla scoperta sensazionale. Nulla di tutto questo si troverà all’interno del testo. Quella di Cecini è un’analisi accurata, ponderata e basata su dati e fatti concreti, reali. Un’analisi investigativa condotta con grande competenza e professionalità.

La documentazione e l’analisi storica infatti non andrebbero mai trattate al pari del gossip o della cronaca nera. La volontà di diffondere un vero, o presunto tale, scoop non è mai di aiuto a chi vuol fare chiarezza.
Analizzare a fondo i fatti, le decisioni, le scelte e le costrizioni… scandagliare il tutto come fa un sonar tra i fondali marini, senza cadute scandalistiche o pregiudizi di sorta, aiuta senz’altro a meglio comprendere le ragioni di dette scelte, giuste o sbagliate che siano.
Studiare le congiunture del particolare momento storico di riferimento, raffrontarle con altre situazioni, analoghe oppure opposte, riflettere sui danni causati e le altre conseguenze… tutto ciò contribuisce in larga misura ad acquisire maggiore consapevolezza di passato e presente e dovrebbe essere anche di grande supporto per comporre al meglio il futuro.

Non sono per certo necessarie leggende metropolitane o falsità, le odierne fake news, per rendere avvincente o intrigante un conflitto bellico.
Lo storico deve voler comprendere, non accontentarsi di ricevere a scatola chiusa delle verità consolatorie e di comodo. Vale anche lo studioso e lo studente.

Ma qual è stato il senso più autentico della seconda guerra mondiale?
Cecini sottolinea più volte nel testo come non sia possibile dare una risposta univoca a questa domanda. Il conflitto è stato ed ha rappresentato tante cose, diverse e anche opposte tra loro.
Negli anni successivi al conflitto, e soprattutto di recente, molte volte si è messo in dubbio “il valore morale” degli alleati, perché spesso il loro ruolo è stato mitizzato e “portato su un piano diverso da quello meramente storico”.

Di sicuro c’è che, grazie proprio alla seconda guerra mondiale, l’America è diventata a tutti gli effetti la prima potenza economica a livello mondiale, mentre la Cina e l’Unione Sovietica hanno assoggettato milioni di liberi cittadini con la forza e la paura, imponendo loro il proprio credo politico.
Il Paese che invece ne è uscito vittorioso solo sulla carta sembrerebbe essere stato il Regno Unito. Partito agli inizi del Novecento come unica e indiscussa superpotenza mondiale, nel giro di quarant’anni si è visto scippare il titolo prima dall’America e poi dall’Unione Sovietica. Uno strappo mai completamente risanato.
Chi invece è riuscita a superare anche il crollo del vecchio impero coloniale è stata la Francia perché, come ricorda e sottolinea Cecini, l’Africa è quasi più francese oggi di ottant’anni fa.

Ad ogni modo, tutte le grandi potenze interessate al conflitto sono le stesse che oggi vanno a comporre il G8, con la sola aggiunta della Cina, paese che riveste un peso sempre maggiore nel contesto socioeconomico internazionale.

La grande eredità che ha lasciato la seconda guerra mondiale, per anni nei popoli di tutto il mondo, è stata la speranza di un mondo migliore. Ma, senza ombra di dubbio, e bene fa Cecini a ricordarlo nel suo libro, la divisione in blocchi contrapposti, il mancato giudizio verso tutti i criminali di guerra, nonché l’esasperazione della Guerra Fredda hanno di molto diluito i grandi e buoni proposito scaturiti al termine del conflitto.
Se ci si dimentica che molti dei problemi attuali non sono altro che conseguenze della seconda guerra mondiale, allora davvero si rischia non solo di “perdere un patrimonio di esperienze molto prezioso” ma anche e soprattutto di “rendere vane le morti di milioni di persone”.

Commentando L’uomo che fece perdere la guerra ai nazisti di Robert Hutton, Tony Robinson ha affermato:

«In un’epoca in cui lo spettro dell’antisemitismo torna a fare paura, questo incredibile libro è indispensabile per ricordare che non siamo immuni alla minaccia del fascismo»

Il libro di Hutton nasce con lo scopo precipuo di voler raccontare una storia deliberatamente celata, come spesso accade, nella presunzione o illusione che non parlare di qualcosa di sgradevole aiuti a cancellarlo o, quantomeno, a fare in modo che rimanga nell’ombra e finisca quanto prima nel dimenticatoio anche per coloro che ne sono, in tutto o in parte, a conoscenza.
Ciò lo si fa anche per evitare di dare un’immagine di sé o del proprio Paese sbagliata, o comunque non corrispondente a quella che invece si vuole dare.

Hutton, al pari di quanto fatto da Cecini, ha narrato di un qualcosa che ha molto di incredibile, ma lo ha fatto con rigore e serietà, senza scoop sensazionalistici o allarmismi complottisti. Lo ha fatto semplicemente raccontando la verità, riportando date, dati, nomi e fatti concreti.

Si tratta di argomenti spinosi e questo è evidente, come lo è il fatto che a partire dal 2 settembre 1945 di tante cose si è preferito non parlare più. Troppo era accaduto. Bisognava solo mettere un punto fermo, voltare pagine e ricominciare. Ricostruire interi paesi manche anime ed esistenze.
Così facendo però non si è data la possibilità di analizzare molti aspetti ed eventi. Accadimenti e movimenti di pensiero che si è creduto di aver eliminato per sempre. Oggi, purtroppo, scopriamo che così non è stato. In tanti paesi europei certe idee hanno sempre continuato a bruciare, come fuoco sotto la cenere, magari anche in virtù del fatto che di ciò non se ne doveva parlare.

Il narrato del libro di Hutton è una storia vera.
Sin dal 1945 la Gran Bretagna “ha raccontato a se stessa una storia della guerra”. In questa narrazione, non solo il Paese si opponeva da solo alle forze militari del fascismo ma era anche straordinariamente resistente all’ideologia stessa. Mentre altre nazioni soccombevano a idee simili o collaboravano con gli invasori, la Gran Bretagna restava salda. Quella forza di carattere salvò non solo il Regno Unito ma l’Europa tutta.
Questa la versione narrata dagli inglesi agli inglesi, come al resto del mondo, e riportata da Hutton nel testo. Ma “l’MI5 conosceva una storia diversa”. Ed è di quella che racconta l’autore.

Verso la fine della guerra, i servizi segreti avevano identificato centinaia di uomini e donne britannici, in apparenza leali ma che bramavano una conquista da parte dei nazisti. Alcuni di loro si erano addirittura spinti oltre, rischiando finanche la vita per aiutare il Fuhrer. La gran parte delle testimonianze sono andate o sono state distrutte, eppure permangono le trascrizioni di oltre seicento conversazioni, avvenute tra il 1942 e il 1944, nelle quali si legge di come questi cittadini britannici discutono su come sia meglio muoversi per “tradire il proprio Paese con la Germania”.

È stato possibile, per Hutton, raccontare questa storia grazie alla decisione di rendere pubblica una selezione di dossier storici dell’MI5.
Solo così ha potuto vedere la luce L’uomo che fece perdere la guerra ai nazisti, che ricostruisce nel dettaglio l’operato dell’agente segreto inglese identificato con il nome in codice Jack King.
Un libro che è stata anche una grande sfida per l’autore. Nel tentativo continuo di voler descrivere l’intero quadro attraverso l’assemblaggio di un puzzle di cui non possiede tutti i pezzi. Alcuni ancora rimangono un mistero. La speranza, per Hutton, è che in futuro altri dossier vengano desecretati, anche se è consapevole che la scoperta di nuove informazioni potrebbe rivelare errori, naturalmente commessi in buona fede, nella ricostruzione da lui stesso fatta nel testo.

I libri di Giovanni Cecini e Robert Hutton hanno davvero un valore incredibile per la conoscenza e l’analisi di un periodo della recente storia che andrebbe sezionato tutto per essere ben compreso. Esattamente come ha fatto Cecini e, in un certo qual modo, lo stesso Hutton che ha puntato un riflettore su un punto preciso e poi ha zoomato quanto più gli è stato possibile fare.
L’incredibile storia della seconda guerra mondiale e L’uomo che fece perdere la guerra ai nazisti sono due lavori accurati, precisi, interessanti e assolutamente necessari.

Bibliografia di riferimento

Giovanni Cecini, L’incredibile storia della seconda guerra mondiale. Strategie, armi, protagonisti del conflitto che ha cambiato le sorti del mondo, Newton Compton Editori, Roma, settembre 2019.

Robert Hutton, L’uomo che fece perdere la guerra ai nazisti. Nome in codice Jack King: l’agente segreto inglese che sconfisse Adolf Hitler, Newton Compton, Roma, ottobre 2019.




Articolo originale qui


Source: Si ringrazia l’Ufficio Stampa della Newton Compton Editori per la disponibilità e il materiale


LEGGI ANCHE

Chi perde e chi vince nella nuova epoca storica? “Occidente e Oriente” di Kishore Mahbubani (Bocconi Editore, 2019) 

La conoscenza geografica del territorio ancor più necessaria nell’era della globalizzazione: “Limiti” di Alfonso Giordano (Luiss University Press, 2018) 

Costruire una solida memoria storica dei mali causati dall’odio umano per non dimenticare neanche “Le verità balcaniche” (Andrea Foffano, Kimerik 2018) 

 L’Italia nella Prima guerra mondiale, un’inutile strage. Intervista a Lorenzo Del Boca 


 

© 2020, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).

È l’ingiustizia economica il volano dei populismi? “Questa non è l’Italia” di Alan Friedman (NewtonCompton Editori, 2019)

18 lunedì Nov 2019

Posted by Irma Loredana Galgano in Recensioni

≈ Lascia un commento

Tag

AlanFriedman, NewtonCompton, QuestanonèlItalia, recensione, saggio

In tempi normali, i populisti restano ai margini della società, ne rappresentano solamente una piccola parte. Ma in presenza di gravi crisi o traumi collettivi, come una guerra o una depressione economica, questi gruppi minoritari possono trasformarsi in movimenti di massa e diventare la maggioranza.
È quanto accaduto negli anni Trenta in Europa in seguito alla crisi del ’29, o negli Stati Uniti degli anni Cinquanta. Ed è ciò che è accaduto in Italia nel marzo 2018.
Il punto centrale è l’ingiustizia economica, la sproporzione tra i sacrifici chiesti alla classe media e a quella medio-bassa, mentre i ricchi diventano sempre più ricchi e i super ricchi ingrassano persino di più.

È questa la tesi esposta da Alan Friedman in Questa non è l’Italia, edito a settembre 2019 da Newton Compton Editori. Una visione condivisibile in toto che accenna ai motivi propulsori dei movimenti populisti e sovranisti che acquistano sempre maggiore consenso in Italia, in Europa e in genere nei paesi occidentali.
Il saggio si apre al lettore così con una notevole introduzione al fenomeno di stretta attualità e con lucide considerazioni sul come queste insoddisfazioni della classe medio e medio-bassa vengano intercettate da “astuti demagoghi” che le trasformano in slogan e promesse elettorali.

Friedman riporta nel testo una accurata cronistoria di quanto accaduto nel tempo in Africa, Medio oriente e Europa. Le decisioni e gli accordi che hanno portato direttamente Stati e popoli alla situazione attuale, a crearla o subirla.
Politiche sui migranti anche apparentemente distanti tra loro, nel tempo e nello spazio, oppure simili ma che hanno generato conseguenze diverse.
Leggi, decreti, accordi, trattati, muri, barriere, campi che sono prigioni, diritti che diventano privilegi, doveri che divengono slogan, propaganda spacciata per speranza, persone che diventano numeri o peggio merce di scambio, finanziamenti che sono ricompense e un’umanità intera che mostra da un lato e subisce dall’altro il suo volto peggiore.

La seconda parte del libro, molto più corposa della prima, si rivela un po’ meno interessante e un po’ troppo pedante, laddove l’autore si limita a elencare e commentare, o meglio criticare acerbamente, una lunga serie di fatti e accadimenti noti.
Principalmente si concentra su Steve Bannon, Matteo Salvini, Donald Trump, Luigi di Maio, Beppe Grillo e la Casaleggio Associati. Persone che Friedman non stima molto, per usare un eufemismo, contrariamente a Mario Draghi, Jean-Claude Juncker e Dominique Strauss-Kahn per i quali invece l’autore prova molta ammirazione.
Dominique Strauss-Kahn. Proprio lui. Ma Friedman ne parla in maniera positiva dal punto di vista professionale, affermando che fosse da sempre noto a tutti la sua ossessione per le donne ma che questa è un’altra storia. Non c’entra.

La visione politica ed economica dell’autore è ben nota e viene più volte rimarcata dallo stesso nel testo, anche con commenti e giudizi un po’ troppo offensivi, almeno nell’ottica di chi scrive.
In Questa non è l’Italia vi sono numerosi passaggi che ricordano troppo il linguaggio e i metodi utilizzati da chi viene ripetutamente redarguito dallo stesso autore proprio per queste volgarità. Linguaggio volgare e incitazione all’odio sono le accuse sovente rivolte ai demagoghi populisti da Friedman.
Se combatti la violenza con la violenza ne risulterà solo altra violenza. Se combatti la volgarità con la volgarità, il risultato sarà solo altra volgarità.

“Abbassarsi” al livello di chi si critica proprio per il suo linguaggio volgare, per i suoi modi rozzi, per l’incitamento all’odio, in generale non è mai una scelta felice. Il caso particolare non fa eccezione.
Per fare un esempio: definire “sciroccati” esponenti di forze politiche democraticamente eletti non in linea con il proprio pensiero non è molto edificante. Legittimo non condividere idee e progetti. Altra cosa è lasciarsi andare a queste derive di stile.

«(Salvini, ndr.) non può contare su Farage. Né su Orbán. E neanche sulla Polonia. Solo su Le Pen, una manciata di estremisti dell’Europa dell’Est e sciroccati vari.»

Decisamente più gradite al lettore le parti in cui l’autore compie un’accurata critica basata sui fatti, i contenuti, le azioni concrete, sulla confutazione di tesi con dati e prove attendibili.

Friedman si sofferma molto nel raccontare, in particolare, la storia di Bannon e quella di Salvini con l’intento, sopratutto per il primo, di dimostrare l’evanescenza del potere che ostenta ma che, a conti fatti, non ha. Nessuna obiezione al riguardo. Soltanto che il nocciolo del problema non può di certo essere questo. Si può anche dimostrare con certezza assoluta che Bannon, Salvini, tutti i leader populisti e quelli di partiti estremisti non abbiano in realtà alcun potere ma ciò non rappresenterebbe di certo una soluzione.
Bannon, Salvini e via discorrendo sono degli attori del particolare momento storico in atto, sono intercambiabili e sostituibili in qualunque momento. Il punto è semmai capire perché costoro acquisiscono sempre maggiore consenso. Studiare le dinamiche che hanno portato e portano le persone, i cittadini, gli elettori a manifestare sempre più apertamente e con convinzione interesse e appoggio verso questi movimenti politici.
Ed è esattamente per questo che la prima parte del testo di Friedman risulta molto più interessante della seconda.


Articolo originale qui


Source: Si ringrazia l’Ufficio Stampa della Newton Compton Editori per la disponibilità e il materiale


LEGGI ANCHE

Recensione a “La società non esiste. La fine della classe media occidentale” di Christophe Guilluy (Luiss University press, 2019) 

Chi perde e chi vince nella nuova epoca storica? “Occidente e Oriente” di Kishore Mahbubani (Bocconi Editore, 2019) 

Lo sbandamento dell’Occidente e “Il futuro contro” di Andrea Graziosi (ilMulino, 2019) 

All’alba di un nuovo mondo: l’Occidente, il sé e l’altro. Analisi del testo di Angelo Panebianco e Sergio Belardinelli (ilMulino, 2019)


 

© 2019, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).

Tangenti, frodi e riciclaggio: corruzione e inchieste che fanno tremare il mondo del calcio. “Cartellino rosso” di Ken Bensinger (Newton Compton, 2018)

01 lunedì Apr 2019

Posted by Irma Loredana Galgano in Recensioni

≈ Lascia un commento

Tag

Cartellinorosso, KenBensinger, NewtonCompton, recensione, saggio

Il 16 agosto 2011 l’agenzia di stampa Reuters lancia un articolo significativamente intitolato: L’FBI esamina gli archivi finanziari di un boss del calcio americano. La scelta della terminologia è, con ogni probabilità, poco casuale perché il metodo operativo scoperto durante le indagini dagli agenti federali sembra essere molto simile a quello utilizzato dalla criminalità organizzata.
500mila dollari in pagamenti sospetti ricevuti durante un periodo di quindici anni da «un funzionario del calcio americano chiamato Chuck Blazer», dirigente di alto livello della FIFA, la Fédération Internationale de Football Association, «l’organo che governa il calcio mondiale».
L’agente speciale Steve Berryman dell’Internal Revenue Service, l’agenzia delle entrate degli Stati Uniti, ebbe fin da subito l’impressione che «indagare sulle grane fiscali di Chuck Blazer era come fermare qualcuno per un fanalino di coda malfunzionante e scoprire che aveva il bagagliaio pieno di cadaveri».

Decine di persone provenienti da più di quindici Paesi furono «accusate di aver violato le rigide leggi degli Stati Uniti in materia di crimine organizzato, riciclaggio, frode ed evasione fiscale». Dopo decenni di impunità assoluta, a dispetto degli scandali, «il cartello globale del calcio» fu messo in ginocchio proprio da uno dei pochi Paesi al mondo a cui questo sport non sembrava interessare poi tanto. Un’indagine che è stata il risultato «dell’attento e paziente lavoro di investigatori scrupolosi», un’operazione cominciata in piccolo e divenuta immensamente vasta, «e che è ancora in corso».

Il giornalista d’inchiesta Ken Bensinger scrive Red card, uscito in Italia per Newton Compton Editori con il titolo Cartellino rosso, come tentativo di schematizzare un singolo caso criminale della «saga della corruzione all’interno della FIFA e del calcio mondiale». Una rete talmente «complicata e decisamente troppo estesa» per trovare spazio in un libro unico.
Un libro che aiuta molto nella comprensione di un fenomeno, vasto e grave, di cui, nonostante i ripetuti scandali e inchieste giudiziarie, si conosce ben poco e si ammette ancor meno.
Il lavoro di indagine svolto da Bensinger in Cartellino rosso è molto approfondito e dettagliato. Il libro è un resoconto che cerca di andare dritto al nocciolo del problema ed è stato scritto con uno stile apparentemente semplice, in realtà molto chiaro. Il registro narrativo utilizzato è quello di un romanzo ma la struttura è per certo quella di un reportage di inchiesta.

Per tutta la durata del processo e nelle sue argomentazioni finali, «la difesa non aveva mai sostenuto che il calcio non fosse corrotto». Tuttavia, per quanto gli altri funzionari avessero preso delle tangenti, «i loro clienti non lo avevano fatto». Semplicemente, a loro dire, l’indagine era andata troppo oltre e «aveva accusato degli uomini innocenti». Un’indagine e un processo che hanno trasversalmente toccato persone afferenti alla FIFA, alla CONCACAF, CONMEBOL, AFC*, numerose Federazioni calcistiche nazionali, al Grupo Traffic Sao Pãulo e Miami, del Torneos Competencias e Full Play Group di Buenos Aires, International Soccer Marketing a Jersey City. Quelli che Bensinger elenca all’inizio del testo indicandoli come i “personaggi principali”.

Il più grande scandalo della storia del calcio che «la FIFA ha sepolto» e di cui, proprio per questo, è necessario continuare a indagare, scrivere, parlare, raccontare, capire. E Cartellino rosso di Ken Bensinger si rivela un ottimo strumento per farlo.

Biografia dell’autore

Ken Bensinger, giornalista statunitense. Ha lavorato per «Wall Street Journal», «Los Angeles Times» e «BuzzFeed». Vincitore dei premi ASME National Magazine e Gerald Loeb Award, è stato anche finalista al Premio Pulitzer.

Bibliografia di riferimento

Ken Bensinger, Cartellino Rosso. Come la FIFA ha sepolto il più grande scandalo della storia del calcio,Newton Compton Editori 2018. Traduzione di Cristina Popple del testo originale in inglese Red Card.

* FIFA (Fédération Internationale de Football Association), Zurigo.
CONCACAF (Confederation of North, Central America and Carribean Association    Football), New York e Miami.
CONMEBOL (Confederatión Sudamericana de Futbol), Assunción, Paraguay.
AFC (Asian Football Confederation), Kuala Lumpur.


Articolo originale qui


Source: Si ringrazia l’Ufficio Stampa della Newton Compton Editori per la disponibilità e il materiale


LEGGI ANCHE

Gladiatori 3.0: Tratta dei baby calciatori dall’Africa, la Procura di Prato indaga 

 Intervista a Stefano Santachiara per “Calcio, carogne e gattopardi” 


 

© 2019, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).

Stragismo e depistaggi della mafia nera nei primi settantadue anni della Repubblica italiana. “La mafia nera” di Vincenzo Ceruso (Newton Compton, 2018)

09 venerdì Nov 2018

Posted by Irma Loredana Galgano in Recensioni

≈ Lascia un commento

Tag

Lamafianera, mafia, NewtonCompton, recensione, RinnovamentoCulturaleItaliano, saggio, terrore, VincenzoCeruso

Con la sconfitta del nazifascismo iniziava per l’Europa il più lungo periodo di pace mai conosciuto. Ma non è stato così per tutti gli europei. Per tanti a cominciare è stato solamente un conflitto differente, combattuto in modo diverso e che ha richiesto l’impiego di una nuova tipologia di soldati.
Sentimenti ostili nei confronti della neonata Repubblica e paura riguardo la possibile o probabile avanzata di ideologie diverse, opposte, che avanzavano da quello che ancora veniva indicato tra i principali nemici da combattere, il blocco dell’Est sovietico.
Il generale Arpino, capo di Stato maggiore dell’esercito, ha dichiarato dinanzi a una commissione parlamentare: «per noi, ancora negli anni Ottanta, un terzo del parlamento era il nemico».

Il conflitto che lacerava la società italiana all’indomani del secondo conflitto mondiale appare «feroce, come può esserlo solamente una guerra ideologica». Se il comunismo era impegnato a forgiare «un nuovo tipo di uomo, una macchina senz’anima», un docile strumento al servizio della guerra totale, anche i difensori del mondo libero dovevano affrancarsi da ogni preconcetto morale, per rispondere adeguatamente alle sfide che li attendevano. A partire dalla creazione del «soldato rivoluzionario», educato al nuovo tipo di guerra che il comunismo aveva imposto, addestrato tecnicamente e dotato di un’adeguata «educazione morale». Un «soldato d’élite», ideologicamente preparato al suo compito.

Questo e tanto altro si legge nella relazione di Edgardo Beltrametti, giornalista e collaboratore del corpo di Stato maggiore della Difesa, scritta in occasione del convegno che si tenne a Roma nel maggio 1965 dal titolo La guerra rivoluzionaria. Incontri, eventi, accadimenti che, unitamente alla narrazione storica più nota e alla documentazione di inchieste, indagini e processi, si trovano ampiamente analizzati ne La mafia nera di Vincenzo Ceruso, edito da Newton Compton a ottobre 2018. Un libro che racconta la storia di un’Italia oscura, le stragi, i depistaggi e le relazioni occulte tra lo Stato e il non-Stato. Eversione neofascista, brigatismo rosso, apparati dello Stato, società segrete e organizzazioni mafiose che si muovono e si sono sempre mossi all’interno del medesimo scacchiere per spartirsi o contendersi il medesimo bottino. A rischio sempre più elevato la democrazia e il bene comune.

L’Italia ha avuto ed ha numerose agenzie di depistaggio. I principali protagonisti di queste azioni sono ben identificabili dentro i nostri apparati di sicurezza, «abituati a muoversi al confine tra il legale e l’illegale». Alcune delle principali associazioni di natura criminale e sovversiva che il nostro Paese ha avuto ed ha, «hanno svolto anche le funzioni di agenzie di depistaggio». Viene da sé che a suscitare maggiore scandalo sono i «reati commessi da uomini nel cuore delle istituzioni».

Ceruso indica in quanto accaduto dopo la strage di via d’Amelio, nella quale persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta, il tentativo di costruire un «depistaggio perfetto». Le dichiarazioni di Vincenzo Scarantino, Francesco Andriotta, Salvatore Candura e Calogero Pulci andarono a comporre «una ricostruzione dell’attentato in via d’Amelio che avrebbe retto ai tre gradi di giudizio». Scarantino però era «del tutto non credibile, sia nei panni dello stragista che del mafioso». Il 21 luglio 1995 ritrattò le sue dichiarazioni e accusò il capo della squadra mobile di Palermo Arnaldo La Barbera e i suoi uomini di «torture nei suoi confronti». La Barbera sarebbe stato «un agente sotto copertura, con il nome in codice di Rutilius, e avrebbe percepito dal Sisde un assegno di un milione di lire nel 1986 e 1987». Perché Scarantino ha accusato degli innocenti, seppur sempre di affiliati si parla?

Il giorno 5 novembre 2018 si è aperto il dibattimento che vede i poliziotti Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo accusati di calunnia aggravata dalla Procura di Caltanissetta. Avrebbero creato a tavolino falsi pentiti, come Scarantino, per costruire una versione non veritiera di quanto accaduto.

Tra il 1992 e il 1993 furono poste in essere sette stragi sul territorio della Repubblica italiana. Come ai tempi di piazza Fontana, ma ben venticinque anni dopo, «venne indagato l’ordinovista Franco Freda», per il quale venne ipotizzato il reato di strage. L’indagine portò ad alcuna accusa a carico di Freda. In una delle riunioni avvenute alla vigilia degli attentati, «di cui hanno parlato Sinacori e altri collaboratori di giustizia», i boss avrebbero decretato che gli atti terroristici sarebbero stati «rivendicati usando il nome della Falange Armata».
L’ammiraglio Francesco Paolo Fulci, durante una dichiarazione rilasciata per il processo sulla trattativa Stato-mafia, avrebbe rivelato che questa denominazione «serviva a identificare una struttura clandestina dei servizi segreti, che si muoveva secondo le tipiche di guerra psicologica utilizzate nell’ambito di Gladio». Gli esiti di un’indagine da lui stesso ordinata furono due mappe che indicavano, nei luoghi da dove partivano le telefonate a nome della Falange, «sedi periferiche del Sisde». Secondo quanto si legge nella Sentenza nei confronti di Bagarella Leoluca e altri del 20 aprile 2018 della Corte d’assise di Palermo.

I magistrati di Palermo, indagando su quegli anni, hanno utilizzato l’espressione «sistema criminale» per indicare «l’alleanza eterogenea di soggetti che agivano per portare a termine un comune progetto eversivo». Gli investigatori hanno accertato che, alla vigilia delle stragi, c’era in Sicilia «un gran viavai di personaggi legati alle trame eversive degli anni Settanta».
L’obiettivo finale del ‘sistema criminale’ era attuare una «forma di golpe che mutasse radicalmente il quadro politico-istituzionale». Secondo quando si legge nella richiesta di archiviazione nei confronti di Gelli Licio e altri del 21 marzo 2001 della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo.
Una mutazione del quadro politico da portare avanti «attraverso le stragi e a cui avrebbe aderito anche lo stesso Riina».
Secondo i collaboratori di giustizia calabresi, il vasto piano politico-criminale prevedeva la «piena collaborazione della ‘ndrangheta attraverso la figura dell’avvocato Paolo Romeo», esponente di Avanguardia Nazionale negli anni Settanta. Un altro personaggio centrale nel raccordo con il mondo politico era «Vito Ciancimino», il quale, in un interrogatorio del 1998 proponeva, come movente della strage di Capaci, «il sabotaggio della candidatura di Giulio Andreotti quale presidente della Repubblica». Il ruolo di mediatore di Ciancimino sarebbe stato assunto, in un secondo momento della trattativa, «da Marcello dell’Utri».

Durante la stagione delle stragi mafiose, tra il 1992 e il 1994, «i vertici del Ros, insieme agli uomini di Cosa nostra», avrebbero «minacciato e tentato di condizionare il governo della Repubblica». Il livello politico, cui avrebbero fatto riferimento gli ufficiali dei carabinieri, «non è stato però individuato». A meno che non si voglia pensare a «esecutori – quindi ad apparati di sicurezza – che non rispondevano a nessuno», oppure a «referenti estranei al governo della Repubblica» e distanti dagli interessi nazionali.

I magistrati hanno tratteggiato più volte nelle indagini sulle stragi la tecnica «piduista e mistificatoria» di fornire una massa di informazioni difficilmente verificabili e orchestrare campagne di stampa, confondendo fatti veri e falsi.
Alcune figure apicali dei nostri servizi segreti, prima ai vertici del Sid e poi a quelli che saranno il Sismi e il Sisde, «hanno ritenuto che spettasse svolgere ai servizi stessi un ruolo di agenzia di depistaggio» rispetto ad alcuni dei fatti più sanguinosi della cronaca eversiva. Per quanto riguarda le stragi di piazza Fontana e della stazione di Bologna, «le responsabilità parziali degli agenti sono state definitivamente individuate». Rimane tuttavia da chiarire il motivo per cui lo hanno fatto.
Non è più un mistero neanche la oramai «prassi consolidata dell’utilizzo delle forze sovversive e criminali da parte degli uomini che sarebbero preposti alla loro repressione».
La mafia, «sfruttando quelle capacità di adattamento alle diverse epoche che le sono proprie», ha adottato, in periodi cruciali della storia italiana, «l’habitus proprio dell’organizzazione terrorista». A questa mutazione in senso terroristico hanno contribuito anche «le sollecitazioni provenienti da determinati organismi statali», allorquando hanno visto nella mafia siciliana un potenziale e potente alleato per realizzare quello che ritenevano «sarebbe stato l’ordine giusto per il nostro Paese». Basti pensare a quanto accaduto «nel secondo dopoguerra e tra gli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso».
Parimenti, anche «eversione nera e le mafie hanno stabilito», in particolari momenti della loro storia, «relazioni significative».

Esiste una «ideologia stragista» il cui nucleo essenziale consiste nel considerare la morte di innocenti come un obiettivo strategico da perseguire, «una condizione necessaria per incidere sull’esistente e modificare le strutture statali». Risultati da raggiungere con omicidi mirati o con massacri indiscriminati ma, in ogni caso, con «uno sforzo costante per occultare la verità».
Cosa nostra e Ordine Nuovo, a partire da un certo momento e per un lungo tratto della loro storia, «sono stati i due principali gruppi terroristici, con finalità stragiste» presenti in Italia.
Se guardiamo alle due organizzazioni senza preconcetti, sarà più facile «accertare una serie rilevante di punti in comune»:

•collusione con la politica e con gli apparati di sicurezza deviati;
•dichiarata visione fortemente ostile allo Stato e alle sue leggi;
•ideologia organica cui i loro membri sono tenuti ad aderire;
•straordinaria capacità militare;
•vocazione stragista;
•natura di associazione sovversiva;
•impiego del terrorismo politico.

Come per le Brigate Rosse, la principale banda armata comunista, anche le organizzazioni eversive di destra non hanno disdegnato di cercare «accordi con esponenti delle diverse associazioni mafiose», in nome della comune lotta allo Stato.
La mafia siciliana dal canto suo ha utilizzato lo stragismo per fini politici fin dall’immediato dopoguerra, con il massacro di Portella della Ginestra, e «ha affinato questa sua propensione negli anni Novanta del Novecento».

Si può compiere una strage per depistare. Ed è esattamente quanto sarebbe accaduto durante il periodo definito della «strategia della tensione», allorquando l’obiettivo era la creazione di un clima politico favorevole alle forze conservatrici mediante «l’attacco di obiettivi civili e il perseguimento di un disegno terroristico». Piazza Fontana fu un attacco terroristico, «ma servì anche ad altro».
L’eccidio mostrò ai burattinai delle stragi che era possibile colpire indiscriminatamente una folla di cittadini indifesi, nel cuore della capitale economica del Paese, e riuscire a indirizzare le indagini verso «colpevoli del tutto improbabili».

I soggetti collettivi che pensarono, promossero e ordinarono la strage di piazza Fontana, «erano gli stessi che avrebbero pensato, promosso e ordinato le stragi che insanguinarono il nostro Paese fino al principio degli anni Ottanta». Con piazza Fontana era iniziata una stagione di stragi che avrebbe reso l’Italia «un Paese a sovranità limitata», condizionata da «forze oscure» che ne avrebbero fatto il teatro di «una guerra non convenzionale», rivolta principalmente verso la popolazione civile. Molto simile a quanto poi si verificherà agli inizi degli anni Novanta, quando il filo conduttore sembra essere legato alle parole di Riina: “Si fa la guerra per poi fare la pace”. Creare instabilità per offrirsi come garante della agognata stabilità in fondo è sempre stato un must delle organizzazioni malavitose.

I misteri italiani analizzati da Ceruso sono molteplici, non tutti ma tanti, e abbracciano anche il mai attuato golpe Borghese, l’omicidio Pecorelli, piazza della Loggia, l’Italicus, il «suicidio simulato» di Peppino Impastato… e impressiona non poco la veridicità delle parole riportate nella Sentenza contro Moggi Carlo Maria e altri del 22 luglio 2015 della Corte di assise di appello di Milano: «Tutte le stragi che hanno insanguinato l’Italia appartengono a un’unica matrice organizzativa».
Ricorrono le medesime organizzazioni sovversive e malavitose ma lo fanno anche i nomi dei rappresentanti dello Stato in varie istituzioni e servizi. Persone che, magari, non hanno commesso dei reati eppure, forse, con i loro comportamenti non hanno neanche impedito che dette stragi si verificassero. Laddove non dovesse persistere una responsabilità civile o penale permane e persiste per certo quella etica e sociale, per la quale non c’è prescrizione che tenga.

Il lavoro di ricerca e analisi svolto da Vincenzo Ceruso per la composizione de La mafia nera deve aver richiesto notevole pazienza e determinazione, da parte dell’autore. Un’indagine certosina sulle fonti, sui documenti, sugli atti processuali che ha prodotto un lavoro notevole. Un libro che rappresenta una pietra miliare per la conoscenza della storia occulta di quell’Italia oscura che in tanti, in troppi vorrebbero lasciare nell’ombra.


Source: Si ringrazia l’ufficio Stampa della Newton Compton per la disponibilità e il materiale



Articolo originale qui


LEGGI ANCHE

La vera lotta alla mafia passa anche attraverso una memoria storica che racconti la verità. “Le Trattative” di Antonio Ingroia e Pietro Orsatti (Imprimatur, 2018) 

Ci sono verità che si vorrebbe tenere nascoste per sempre eppure “Quel terribile ’92…” 

Quando inizieremo a fare sul serio contro le mafie? “L’inganno della mafia” di Gratteri e Nicaso (RaiEri, 2017) 

Guerre dichiarate e guerre segrete. Analisi geostrategica della guerra delle informazioni combattuta nel conflitto civile siriano 

Stampa di Palazzo e fake news. Fermare gli “Stregoni della notizia”. Intervista a Marcello Foa 


 

© 2018, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).

← Vecchi Post

Sostieni le Attività di Ricerca e Studio di Irma Loredana Galgano

Translate:

Articoli recenti

  • Mahmood Mamdani, Né coloni né nativi. Lo Stato-nazione e le sue minoranze permanenti
  • Possibilità e Necessità: “Il processo” di Franz Kafka
  • “Delitto sull’isola di ghiaccio” di Eeva Louko
  • Monica Lanfranco, Mio figlio è femminista
  • Sogni e solitudine: “Le notti bianche” di Dostoevskij

Archivi

Categorie

  • Articoli
  • Interviste
  • Recensioni
  • Senza categoria

Meta

  • Accedi
  • Feed dei contenuti
  • Feed dei commenti
  • WordPress.org

Proudly powered by WordPress